Page 113 - Oriana Fallaci - 1968
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non si riescono a trovare: peggio per loro. Quando la zona è
evacuata, fra strilli e lacrime, il generale Loan afferra la radio da
campo e dà l’ordine di incominciare. Tuonano anzitutto i
cannoni, dopo tocca agli aerei. Stamani mi sono spinta nei
quartieri di Già Dinh e Cholon. Metà di Già Dinh non esiste più.
Esistono solo macerie, alte non più di mezzo metro, e dalle
macerie annerite si alza ogni tanto lo scheletro di un muro, il
troncone di una porta, un albero ormai ridotto a carbone.
Intorno, taxi carbonizzati, autobus rovesciati, biciclette contorte,
pezzi di mobili ridotti in cenere. Paragonare tutto ciò a un
terremoto è insufficiente. Un terremoto è molto meno, e un
terremoto è pulito. L’immagine giusta resta quella di
Stalingrado o Berlino subito dopo la guerra. Anche per via dei
cadaveri. Non c’è tempo di raccoglierli tutti, e molti corpi sono
lì che si disfanno al sole. L’aria è ammorbata da un puzzo
terribile, in certi punti fa quasi svenire. Senti quel puzzo e non
sai di dove viene perché i morti spesso non si vedono: tornando
a cercare qualcosa fra le macerie la gente li copre con le stuoie e
i giornali. Sotto un giornale ho visto un vietcong. Si capiva che
era un vietcong per via del nastro rosso che aveva al braccio.
Sopra il giornale c’era una rosa. Dio sa come hanno fatto a
trovare una rosa a Già Dinh. Dio sa come hanno fatto a trovare
il coraggio di posarla lì.
Dopo Già Dinh sono andata a Cholon. Dal quartiere di
Cholon, il generale Loan non è ancora riuscito a snidare i
vietcong perché la popolazione si rifiuta di evacuare e neanche
il militare più cinico si assume la responsabilità di annientarla
con un massacro totale. Sembra che la popolazione, qui, sia in
buona parte coi vietcong, che dia loro da mangiare e da bere,
che li ospiti nelle case senza farsi pregare. Le case sono tutte
bucate dai fucili e dai mitragliatori: si combatte ancora di porta
in porta, di finestra in finestra, e qui i vietcong sono bene
armati, dispongono perfino di razzi. Ti inoltri per una strada che
sembra tranquilla, odi un fischio e non fai a tempo a gettarti per
terra che il razzo è già esploso. Due giornalisti americani sono