Page 108 - Oriana Fallaci - 1968
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fucile e ha sparato due colpi che sono caduti due metri più in là.
                Mi ha salvato quel grido: «Bao chi bao chi», stampa, stampa.

                Ora sono al sicuro ma ho le ossa gelate. Le bombe hanno preso
                a cadere più vicino e più forte, un aereo ha lanciato tre o quattro

                bengala che scendono lenti su questo quartiere e lo illuminano
                di un chiarore abbagliante. Dovrò aspettare che si spengano per
                scendere e saltare nella porta accanto, dove sono gli uffici della

                France  Presse.  Nel  piccolo  albergo  non  c’è  da  mangiare,
                comprarne  è  naturalmente  impossibile  perché  i  ristoranti  son

                chiusi come i negozi, perciò mangio alla France Presse che ha
                una scorta di razioni militari, quelle che danno al fronte. Certo

                non  è  una  gran  cena.  Ci  misuriamo  la  fettina  di  carne,  il
                pezzettino di pane, e una cioccolata è un regalo.

                    Il fatto è che c’è pochissimo cibo a Saigon, le scorte di viveri
                si stanno esaurendo, un uovo costa anche seicento lire, per un
                poco di riso bisogna fare la coda e poi, magari, non c’è l’acqua

                per  cuocerlo.  L’elettricità  scarseggia,  le  medicine  non  si
                trovano;  però  il  peggio  di  tutto  è  la  fame.  Mi  sembra  sempre

                d’avere fame. M’ero dimenticata cosa significa avere fame.






                Gli americani credevano Saigon inattaccabile


                GIOVEDÌ,  8  FEBBRAIO.  La  cosa  più  straordinaria  è  come  i
                vietcong sono riusciti a entrare in città: eludendo la polizia e in

                così  grande  numero.  C’è  chi  dice  quattromila,  chi  dice
                diecimila.

                    Non  era  stato  il  generale  Loan  a  dirmi,  verso  la  fine  di
                dicembre, che nessun vietcong poteva ormai entrare in Saigon?

                Ci entrarono invece in poco più di due giorni, tra il 29 e il 30
                gennaio. Ci entrarono a gruppi di tre, cioè cellula per cellula: a

                piedi, in bicicletta, in autobus, a bordo di camionette americane
                rubate, ma soprattutto a piedi, che è il metodo sempre migliore
                per  non  farsi  notare.  Ci  entrarono  dalle  campagne,  coi  vestiti

                migliori,  le  camicie  pulite  e  le  scarpe  nuove.  Di  regola  i
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