Page 104 - Oriana Fallaci - 1968
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dirò,  direttore,  anche  quando  la  costernazione  incrina
                l’indifferenza,  ben  pochi  esclamano:  «Ma  veniamo  via  da

                questo Vietnam!». L’unica che me l’ha detto, a tutt’oggi, è la
                mia manicure: una vecchia signora di origine inglese. Mi limava

                l’unghia e diceva: «Insomma, proprio noi che ci ribellammo alla
                Gran  Bretagna  per  costruire  l’America!  Se  questo  Johnson
                trovasse il coraggio di fare un armistizio e rimandare a casa i

                nostri ragazzi! Il fatto è che bisogna essere uomini grandi per
                ammetter  d’avere  sbagliato».  I  più  ripetono  con  il  cameriere:

                «Ma buttiamola, insomma, la Bomba!». E sai chi è la più accesa
                sostenitrice di tale necessità? La negra che mi pulisce la casa.

                Ho  cercato  di  spiegarle  che  ciò  vorrebbe  dire  il  conflitto
                mondiale,  la  fine  dell’umanità.  Non  mi  capisce.  Ripete:

                «Macché  fine!  Noi  siamo  i  più  forti,  noi  vinceremo!».  Molti
                negri, ti sembrerà strano, la pensan così. I poveri, i maltrattati,
                sono  in  genere  i  più  accaniti.  E  quando  ho  cercato  di  sapere

                perché ce l’hanno tanto coi gialli, mi hanno risposto: «Perché
                sono brutti, antipatici, e gente inferiore». Un atteggiamento, del

                resto, che senza queste parole ho notato anche a Saigon dove i
                soldati che usano più volentieri i risciò a bicicletta son proprio i

                soldati  negri.  Vedessi  con  quale  piacere  si  fanno  spingere  dal
                povero  giallo  che  pedala  sudando,  ansimando.  Neanche  ciò  li

                vendicasse  delle  umiliazioni  che  sopportano  in  patria  dove
                nessun giallo tira nessun risciò.
                    Eppure gli americani non sono insensibili a ciò che accade

                nel  Vietnam:  lasciami  dire  anche  questo.  In  tale  nirvana,  ad
                esempio,  un  fotogramma  li  ha  scossi.  Sai  quale?  Quello  del

                generale Loan che ammazza un vietcong appena catturato. Sai,
                il  generale  Loan,  il  capo  della  polizia  nazionale,  il  terrore  di
                Saigon,  il  milionario  con  tre  lauree  che  ama  le  rose.  L’hanno

                data  anche  in  Italia  quella  atroce  ripresa  televisiva?  In  caso
                negativo,  te  la  racconto.  Si  vede  il  vietcong,  con  una  gamba

                rotta, ferito, che vien spinto a botte verso il generale Loan. Poi
                si  vede  il  generale  Loan  che  gli  va  incontro  col  suo  passo

                distratto,  da  gatto  impigrito,  e  senza  una  parola,  senza  una
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