Page 66 - Le canzoni di Re Enzio
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Date gli stocchi al ventre dei cavalli!»
Cadono i biondi e grandi cavalieri
co’ destrier suoi fediti di coltella.
Caduti appena, hanno alla gola anch’essi,
i cavalieri, il ferro dei ribaldi.
Enzio non sa, ma forse l’ombra e’ vede
di re Manfredi dritto sur un colle,
che mira in fuga ripassar le schiere
sul ponte presso Benevento.
Rollando mira: vede il grande scempio.
Chiama Ulivieri, e dice questo detto:
«Bel sire amico, al nome del Dio vero,
vedete a terra tutto il fior del regno.
Ben possiam fare il duolo ed il lamento
di tai baroni, che non più vedremo.
O imperatore, qui voi foste almeno!
Come, o fratello, fargli posso un cenno?»
Dice Ulivieri: «Come far, non vedo;
ma soffro io meglio morte che disdegno».
AOI
Dice Rollando: «Che non suono il corno?
Lungi n’udrebbe Carlomagno il suono;
verrebbe qui, prima che ognun sia morto».
«Io meglio soffro morte che disdoro.
Voi nol farete per il mio conforto:
onta sarebbe nel legnaggio vostro.
Di voi non sono né signor né uomo:
se voi sonate, io guardo e non approvo.
Poi, rosso il braccio avete fino al collo...»
«Ben sì» risponde il Conte «picchiai sodo».
AOI
Dice Rollando: «Io suono l’olifante!
Al suon verrà l’imperator e al sangue».
«È d’ogni morte onta per me più grave!
Compagno, noi morremo in questa valle».
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