Page 64 - Le canzoni di Re Enzio
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O Enzio amico bella gioventù!
Egli non parla, e i sedici custodi
pensano anch’essi a sedici anni addietro.
Salgono in vano fabbri e zavattieri.
Tocca non è la torta del Comune.
Suonano qua e là da’ battifredi
or fioche or chiare tutte le campane.
Passa la trecca, passa il pesciaiuolo,
la merce sua cantando ognuno a prova.
Vengono, a frotte, ai portici le donne,
quando si sforna, a comperare il pane.
A quando a quando ora su questa torre
ora su quella tubano i colombi.
E s’ode ancora il canto del giullare
già rauco, e un aspro suono di vivuola.
Ma Enzio sente in cuore una battaglia
lontana. È come quando ingrossa il fiume,
quasi sognando, per una tempesta
nelle invisibili montagne.
Maravigliosa è la battaglia, e grave.
Rotti gli osberghi, sono l’aste infrante.
Non più le trombe suonano, che rauche;
non, se non rosse, scendono le spade.
Bocconi, in faccia, l’un sull’altro giace,
quali sui sassi, quali tra l’erbe alte.
Quanti belli anni vanno via col sangue!
Quanti non rivedranno la sua madre,
né Carlomagno che non torna, e va...
AOI
Mararavigliosa è la battaglia, e forte.
Per tutto il mondo tanto non si muore!
Scorre tra l’erbe, sgronda dalle foglie,
bulica il sangue, come quando piove.
Vanno cavalli, con le selle vuote,
nel campo, in fuga, e scalciano alla morte.
Quanto bel tempo si fermò col cuore!
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