Page 69 - Le canzoni di Re Enzio
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VII. L’OLIFANTE



            Ormai nessuno è più con te, Manfredi

            nepote di Costanza imperatrice!
            Sul biondo capo ei pone l’elmo, ei leva,
            andando a morte, l’aquila di Roma.

            L’aquila cade sull’arcion dinanzi.

            Romano e’ parla, ed Hoc est signum Dei ,
            dice ai suoi cento. Ma però non lascia:
            muove il cavallo verso la battaglia.

            Cavalca, quale cavalier valente,

            contro i guerrieri della rossa croce,
            galoppa al Prato delle rose, sprona
                       ver la sua rossa Roncisvalle.




            Rollando ha messo l’olifante a bocca,
            forte lo prieme, a gran virtù vi soffia.
            Il sangue sprizza e dalle labbra cola.

            Son alti i monti, alta la voce vola.

            A trenta leghe l’eco ne rimbomba.
            L’imperatore ode la voce lunga.
            «Suon di battaglia!» mormora, ed ascolta:

            «se non è tuono che tra i monti corra».

            Raccoglie a sé le briglie, né più sprona.
            Tien alto il capo, e lento, al passo, inoltra...
                       AOI




            «O triste voce!» pensa il re prigione.
            «Che non cavalco per le bianche strade
            di Lombardia con Ecellino e Buoso?»

            Pensa, e il suo cuore è come onda nel mare,

            nel mare intorno a Montecristo e il Giglio,
            quel tre di maggio... «Or sono sì distretto!»



            Rollando mette ancora le due labbra

            all’olifante, e suona con ambascia.
            Dal collo gonfio il chiaro sangue salta.
            Son alti i monti, passa la voce alta.




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