Page 46 - Le canzoni di Re Enzio
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verso il Consiglio. Alzano tutti il grido,
            Libertà!, grido delle lor battaglie.

            Vedono in cuore le assolate strade,
            biechi torrazzi, torvi battifolli.

            Ecco il lontano canto delle trombe,
            ecco il tuon delle torme de’ cavalli,

            scroscio di lancie, sibili di freccie,
            ferro su ferro, spade contro spade,

            il martellar d’una fucina immensa,
            e il rugginoso anelito, e il singhiozzo

            del sangue, e il chiaro alto latino squillo,
            Libertà! sempre, Libertà! tra il rauco

                       latrar di teutoni e schiavoni.



            Libertà! L’hanno essi difesa in campo
            più che la vita, come la lor fede;

            meglio che il dritto, come il lor dovere;
            nel suo quel d’altri; libertà per tutti.

            Ché né è d’uno, se non è di tutti.
            Stante il Consiglio del Comune augusto

            tende le braccia, come al giuramento,
            tende le mani, come con le spade.

            Oh! bel Comune, condurrai tu primo
            quei che già venne e non si vede ancora.

            Da tanto aspetta fuori delle porte,
            e vuole entrare e vuol mangiar la Pasqua.

            Egli è vicino, e mansueto aspetta,
            seduto presso l’asina legata,

            in ermo luogo, e il suo polledro a volte
                       lo guarda, e torna a brucar l’erba.



            Andrem per Lui coi bovi bianchi e rossi

            e col Carroccio, e cingeremo in armi
            popolo santo l’ara nostra e l’arca.

            Sarà la croce in alto sull’antenna,
            saranno ai mozzi le lucenti spade.

            Ci fermeremo tra il pulverulento
            scalpitamento de’ cavalli ansanti,




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