Page 44 - Le canzoni di Re Enzio
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Gehon Phison Euphrate e Tigris.



            Dio pose l’Uomo, libero, nel santo
            suo Paradiso. — Opera — disse — e godi —;

            non disse: — Opera e piangi, opera e impreca. –
            Aveva allora, il placido ortolano

            di Dio, soavi pomi per suo cibo,
            per sua bevanda acqua più dolce a bere,

            d’ogni dolcezza; e facile il lavoro
            come il trastullo; e lo seguian li uccelli

            con l’alie rosse, all’ombra delle foglie
            tremule, lungo il mormorìo d’un rivo.

            Tutto era luce, tutto odore e canto.
            Ferìa la fronte ove sudor non era,

            un’aura uguale; e pur movendo, l’Uomo,
            su questa terra, era sì presso al cielo,

            che udiva il caro suono delle sfere,
                       che si volgeano eternamente.



            Ei fu cacciato, e fuori errò meschino

            e doloroso. E Seth il buono, un giorno,
            venne al Cherub che a guardia era dell’orto

            di Dio, dov’ora non vivean che uccelli.
            Moriva l’Uomo; e l’Angiolo al buon figlio

            un grano diede, ch’e’ ponesse al morto
            sotto la lingua; ed era della pianta

            di cui suo padre avea mangiato il pomo;
            e Seth sì fece, e seppellì suo padre,

            col grano in bocca: e di quel seme un grande
            albero sorse; e dopo mille e mille

            anni seccò. Gli diedero la scure
            alle radici, e il tronco giacque.

            Un giorno vennero i fabri, e recidean due legni
            dal tronco, e insieme li giungean nel mezzo,

                       tra loro opposti. E fu la Croce.



            L’albero, ch’era in mezzo al Paradiso,
            sorse d’allora in mezzo della terra.




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