Page 22 - Le canzoni di Re Enzio
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I cavalieri appoggiano alle groppe
            de’ lor cavalli la ferrata mano.

            Son tutti gli occhi volti in su, son volti
            tutti ad una finestra dell’Arengo.

            Non più diritte sono lancie e spade:
            mandano un vario scintillìo confuso.

            Alla finestra è il vinto di Fossalta,
            il Re. Gli luce d’oro il capo, i biondi

            capelli istesi insino alla cintura.
            Guarda il Carroccio coi grandi occhi azzurri,

            là in mezzo al duro mareggiar del ferro.
            Guarda la rossa croce sull’antenna.

            Re Enzio sta, come sulle rembate
            d’una galea. Sotto, gli fiotta il mare;

            e il vento salso gli enfia le narici
                       e tra i capelli fischia...



            È l’ànsito del Popolo, che passa

            come un gran vento tra la sua criniera
            fulva. Il leone vivo del Comune.

            il bello e forte suo leone in gabbia,
            esso è. Ma esso ha ben fratelli al mondo,

            ch’escono armati d’oro come stelle,
            dalla serenità di Federigo

            Cesare Augusto! O nati dall’Aguglia!
            O re Currado! O principe Manfredi!

            O dritti stanti a guardia dell’impero
            giovani figli dell’imperatore!

            E conti e duchi e principi e landgravi
            tutti d’un sangue! Dritto sta re Enzio,

            re di Sardegna e di Gallura e Torri,
            conte degli aspri monti del Mollese,

            e delle cupe selve in Val di Serchio,
            e delle terre apriche al Mar di Luni,

            signor della Versilia e di Varresso.
            Gli occhi del Re s’incontrano con gli occhi

                       del Popolo, in silenzio.






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