Page 27 - Le canzoni di Re Enzio
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Dorme, ma i sogni non saprà narrare,
            s’egli pur sogna, e si ritrova a Roma

            sulla quadriga di cavalli bianchi
            per la Via Sacra andando al Campidoglio.

            Placato è il Mondo. Seguono, al guinzaglio,
            Cesare Augusto leopardi e tigri,

            vengono sopra il dosso d’elefanti
            l’armi e i trofei delle città ribelli...

            O lascia il Mondo veleggiando al Regno
            santo di Dio. Distendono le vesti

            e ramuscelli per le vie, ch’e’ viene.
            Cantano Osanna! Osanna negli eccelsi!

            Tutti hanno in mano i rami delle palme.
            Cristo ritorna al suo sepolcro vuoto.

            Cristo ritorna a dare la sua pace.
            Sta sulle porte di Gerusalemme.

            Sta tra le nubi. Ha virtù molta e gloria.
            Gli angeli a lui congregano le genti

            dai quattro venti; ch’Egli a tutti franga
                       il pane, e mesca il vino.



            Ma col dormente è il sogno suo sepolto,

            tra il Mondo e Dio, nell’isola del Sole.
            Ed una voce è corsa per la terra,

            che quella è stata l’ultima possanza,
            l’ultima vasta raffica di vento

            che dileguò lasciando ansante il mare.
            Forse la voce viene dal profeta

            che ha barba grigia come vecchio musco,
            dal vecchio bardo errante nella selva

            di quercie brulle in cui verdeggia il vischio.
            E poi verrà chi povero e ramingo,

            errante anch’esso in un’antica selva,
            nei luoghi dove spento fu, la prima

            volta, l’imperio, sognerà quel sogno
            che tace là sepolto dentro l’arca.

            La selva sta, sublime cattedrale,
            su mille e mille aeree colonne.




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