Page 25 - Le canzoni di Re Enzio
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con gli occhi incerti tra verzieri e fiordi;
conti e cattani scesi d’Apennino,
e col suo stormo cavalcando chiuso,
solo Ecellino; e leopardi e tigri,
e con l’andar di nave i dromedari,
e il leofante con la torre quadra
da cui s’alza il vessillo imperiale
con la grande aquila; e l’imperatore.
Egli cavalca, né tristo né lieto,
con un gerfalco al pugno.
Enzio a sé ode i battiti del cuore
giovane. — E s’Egli fosse alla Scultenna?
Se campeggiasse intorno alla Fossalta?
volesse su quella oste di manenti
trar sua vendetta dove fu lor vanto?
Sono, in lor cieca oltracotanza, in campo
forse ora usciti per sentor che ne hanno...
- Ed Enzio parla: «Or di’, conte Currado
di Solimburgo! Se d’un tratto, andando
coi tardi bovi e i tardi artieri il carro,
l’oste sentisse sibilar le freccie
dei Saracini, rimbombar l’assalto
dei cavalieri, calar mazze e spade
ed azze e lancie, ed apparir, ruggendo,
il nero capo d’Ecellin d’Onara,
e stormi e stormi correre in tempesta
sopra il Carroccio, e d’ogni parte il grido
alzarsi: Roma! Roma! Imperatore!...»
«Ma egli è morto,» grida il conte: «morto
morto, l’Imperatore!»
X. L’IMPERATORE
Sì. Egli dorme in una Cattedrale,
entro l’eterno porfido dell’arca.
E’ non sa più di stormi e cavalcate,
G. Pascoli - Le canzoni di Re Enzio 21