Page 19 - Le canzoni di Re Enzio
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VII. LA VIA EMILIA
Il Podestà coi giudici e’ notari
scendono, in ricchi sciamiti velluti.
Vanno lor contra gli Anziani artieri:
lento è lor passo e lor parola è breve.
È scura omai la piazza di Bologna,
scura di ferro. Al chiaro sol d’ottobre
lucono punte d’aste e di roncigli.
I gonfaloni tremano come ale
d’uccelli incerti di spiccare il volo.
Percuote l’ugna dei destrier le selci.
La gente ammira il suo Carroccio adorno:
i trombettieri con le lunghe trombe
in cui la guerra mugge come il mare
nella conchiglia; e i più valenti in guerra,
che ad uno ad uno son mostrati a dito,
gli ultimi, eletti a non morir che a sera;
e il sacerdote con pianeta e stola,
che deve a notte benedire i morti.
Le madri in capo alzano i bimbi, come anfore
andando al fonte.
Va! Che tu vada dove cade il sole
o il timon duro volga al sol che nasce,
va per la piana e larga via romana,
con sull’antenna il ramo dell’ulivo.
Non sei de’ carri che seguiano a tergo
legioni mosse a propagar l’imperio,
non sei de’ carri, ove dormian le donne
dei Goti scesi a metter fuoco a Roma.
Placido e forte per l’antica strada
va, che attraversa le città munite,
le città belle; ed erano già fòri e
còmpiti e quadrati accampamenti,
e vi sonò, misto alle gaie voci
rustiche, il grave accento dei triari.
Sorgon per tutto agili tremoli alti
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