Page 14 - Le canzoni di Re Enzio
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squillano a morte di su te le trombe.
No, non con noi restano nelle chiese
i Santi d’oro: escono teco in campo!
Nemmeno i morti nei muffiti chiostri
sono con noi: vengono teco al sole!
Vengono ai tocchi della Martinella,
che suona all’alba, a sera, a morto, a gloria,
o bel Carroccio, o forza arte ricchezza
e libertà comune! —
V. LE COMPAGNIE DELL’ARMI
Il popolo — ecco dalle quattro porte,
dai quattro venti, il popolo che viene.
Viene seguendo i quattro gonfaloni
coi quattro santi e con la rossa croce.
Hanno l’osbergo tutti e le gambiere,
hanno il roncone e la mannaia lombarda.
Hanno lasciato i ferri del lavoro
sull’oziosa incudine e sul banco,
e preso il ferro. Vengono a cavallo,
guardando in su, cattani e valvassori,
domini e conti, in cui poder castella
son, del contado, ed, in città, tubate.
Son gli Andalò, signori di più terre,
con cinquecento servi della gleba,
Alberto de’ Cazanimici grandi,
la mala volpe, ed Albari e Galluzzi
e il conte reo da Panico e il cattano
di Baragazza, i re della montagna,
ch’hanno il lor covo in venti castellacci,
e rubano alle strade.
Pensano i Grandi: «O buoni callegari
e bisilieri, non vi pesa in groppa
il nostro ferro? Il ferro a voi fa d’uopo
per ganci e graffi e raspe e seghe e morse.
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