Page 12 - Le canzoni di Re Enzio
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IV. L’INSEGNA DEL COMUNE



            E suona la campana del Comune.

            La Patria intima il breve suo decreto,
            di bronzo. Tutta la città ne ondeggia.
            S’odono cozzar armi,

            squillar trombe. Póntano i piedi, e il duro collo i bovi

            stirano, e sbalza sulle selci il carro.
            Tuonano le alte volte dell’Arengo.
            E il re si desta. Il re sognava danze

            di Saracine del color d’ulivo...

            Scoteano lieve il cimbalo sonoro.
            Sognava il re di falconar nel greto
            d’un grande fiume, sul suo bel ginnetto...

            Seguia lassù la ruota dell’astore.

            Sognava le foreste di Gallura:
            era nel folto, al guato del cignale...
            Udia sonare alla lontana il corno.

            Sognava guerra, e colpi e sangue e morte,

            su vivi e morti alto l’imperatore...
            Vedeva... Il sogno ecco gli rompe il cupo
               strepito del Carroccio.




            Esce il Carroccio e sta sotto l’Arengo.
            Par che si levi un pianto dalle donne.
            - Quando tu parti, nulla qui rimane:

            restano solo i morti nelle chiese.

            Tu rechi gli altri a non sappiam che terre:
            felici i morti presso il loro altare!
            Tu vai per via coi lenti bovi al passo:

            ecco i ladroni sopra gran cavalli.

            Forse hai le ruote prese dentro il fango:
            scagliano frecce con le gran balestre.
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            O forse è afa, polvere, sudore...

            Che fresco sotto gli archi di San Pietro!
            Non più consigli nella bella chiesa,
            vicino ai morti ed alle pie reliquie:




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