Page 9 - Le canzoni di Re Enzio
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che tutti quanti furono in Dio ratti.
- Niuno è sì grande, che gli sia promesso –
diceva — uno palagio pieno d’oro,
che non portasse un sacco di letame
per un aver sì grande! —»
Poi Zuam aggiunge: «Ed era quello il tempo
che Dio sgrollava la città partita,
piena d’invidia. Ed e’ parlò di pace,
Santo Francesco, e non facea guadagno.
Ecco e d’un soffio scosse Dio le torri.
tra lor nimiche, e ignuna versò fuori
le sue colombe; e stettero sull’alie,
e poi scesero al frate poverello,
quali sul capo, quali sulle spalle,
alquante in grembio, alquante sulle braccia.
Allor sì venne la divina grazia,
in veder quelle l’alie aprire e i becchi,
semplici e caste, sotto la sua mano!»
Ma quivi il Toso muove inver l’Arengo,
ché alcun lo chiama; e le donzelle e donne
levano gli occhi verso le finestre.
Cercano il re. Vanno da torre a torre,
da torri guelfe a torri ghibelline,
e sopra i merli e sopra le baltresche
tubano le colombe.
III. I BIOLCHI
Sotto le grandi volte dell’Arengo
ora i biolchi hanno attaccato al carro
il primo paio, hanno fermato il giogo
con lo statoio dal sonante anello.
Hanno al timone l’altre paia aggiunte
con lunghe zerle e lucide catene.
Sono addobbati a bianco ed a scarlatto
ora i biolchi, gli otto bovi e il carro.
G. Pascoli - Le canzoni di Re Enzio 5