Page 6 - Le canzoni di Re Enzio
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Traean pur ieri alla città turrita
le castellate dal lucente usciolo;
fasci traean di canapa e di stoppa,
a cui nel verno esercitar le ancelle;
e bianche sacca turgide di grano,
e scabri ciocchi e fragili sarmenti:
hanno provvisto il pane, il vino, il fuoco,
e il saldo filo onde si tesse il drappo
rude e sincero. E ruminano gravi
di maraviglia, ad or ad or mugliando
nella città che dorme.
Il bianco e il rosso stanno sotto un giogo:
i due colori della tua bandiera,
forte Bologna. I rossi magri bovi,
dalle ampie corna e dai garretti duri,
fendean gemendo la saturnia terra,
allor che madre grande era di biade,
grande d’eroi. Rapidi aravano. Era
forse alla bure un dittator di Roma.
Rapidi vanno: ne’ pelosi orecchi
risuona ancora il grido dell’impero.
Ma poi dall’Alpe scesero, tranando
le case erranti d’Eruli e di Goti,
i bovi bianchi, a cui restò negli occhi
lo stupor primo della Terra sacra,
i monti, i laghi, i prati, i campi, i fiumi.
Ella giacea sotto la mano stesa
del condottiere; e i piccoli e le donne
gli occhi celesti confondean nel cielo.
Stendea la mano il Barbaro esclamando:
Italia! Italia! Italia!
Ed ora i pigri bovi bianchi a terra
piegan le gambe e sdraiano le membra.
Ma resta in piedi il fulvo lor compagno,
così ch’è il giogo a tutti e due più grave.
L’un capo e l’altro appressa torvi il giogo
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