Page 172 - Carmina - Poesie latine
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fermò, trasse le redini, e nascose
            nella guaina la sua grande spada.
              Non fosti tu, tu stesso, che, tre volte
            volti cent'anni, la levasti al sole?
            Grida di morte, grida di dolore,                         410
            in ogni tempo, d'ogni parte, al cuore
            giungeano ardenti. Quel rapace drago
            strisciava per la terra della sera,
            tutto abbattendo, e il popolo le ingiuste
            verghe provava e le superbe scuri                        415
            dei re tiranni. Sí, ma tu le udisti
            quelle infinite grida di dolore,
            la grande spada tu, d'un dí, snudasti,
            la croce bianca tu, d'un dí, levasti.
            Oltra Ticino, sommovesti all'armi                        420
            tutte le genti e le guidasti a guerra
            ch'è santa e pia, se libera e redime.
            Poi col tuo nome mille eroi due navi
            salgono, e vanno all'isola che porta
            chiare di dei, di semidei, le tracce.                    425
            Rossa la veste dei remigatori
            divini; capo era il divino Ulisse.
            E tu combatti ancora e sempre. Alfine
            re dell'Italia tutta imponi al capo
            il ferro e l'oro della sua corona.                       430
            La croce alfine segno di vittoria,
            splende dal cielo sulla terra verde
            ch'ha neve al sommo e che nel fondo ha fuoco.
            Ed a nessuno e in nulla mai secondo,
            piccolo alpino re selvaggio, a Roma                      435
            stai grande, e resti eternamente a Roma.

                              V

            Accampamento fatto a piè del monte
            già dal grifagno Cesare ai futuri
            figli d'Italia, o tempio dei vessilli,
            o ara donde il Console gli augúri                        440
            prendeva, augusti, col nemico a fronte!

            Per guerre, qui di secoli lontani,
            erano poste le aquile dell'oro;
            qui ripetea la búccina i suoi squilli
            brevi che un coro ricevea canoro                         445
            di trombe e il busso dei timpani vani.

            Qui sempre il suolo trito di stridenti
            plaustri, qui di concordi ferree peste.
            Erano le coorti e le legioni.
            Qui si guardava la purpurea veste                        450
            da dar, sull'alba della pugna, ai venti.


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