Page 173 - Carmina - Poesie latine
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Qui sempre avvenne di mirar le squadre
dei fluttuanti veliti e il tumulto
delle torme dai quadruplici tuoni;
qui sempre alcun triario, come sculto, 455
star tra' novelli: – Narra dunque, o padre! –
Perché accampato in questo accampamento
era un ultimo esercito romano.
La sua milizia era infinita e dura.
Esso tra il monte s'attendeva e il piano, 460
fedele ad un antico giuramento.
Scórsero gli anni e i secoli. Ed armato
esso aspettava di ritornar, quando
fosse chiamato, sotto quelle mura.
Aspettò qui per secoli, il comando; 465
ma Roma ve l'avea dimenticato.
Bianchi frattanto, sotto il muschio e i pruni,
marmi e colonne e lapidi, grandi orme
della gran madre, archi e sepolcri infranti,
vedeano intorno, e dure austere forme, 470
stele di primipili e di tribuni.
Vedean già rotti ancor salire al monte
archi che l'acque conduceano al basso.
Parean lontane file di giganti,
d'ardui giganti, i quali passo passo 475
salían con l'urne, un dopo l'altro, al fonte.
E custodíano, nel domar la rude
terra, l'antica arte e l'antico onore
dei forti aratri e delle industri falci.
Ondeggia il campo di frumento in fiore, 480
di verdi steli ondeggia la palude!
Verdi, i bei campi, verdi, le canore
acque, ma piú sorridono i giocondi
clivi con l'ampio serpeggiar dei tralci,
donde i purpurei calici ed i biondi, 485
che dànno gioia o danno forza al cuore.
L'un vino, austero per gli austeri, ed abbia
lode dai forti. L'altro poi s'effonde
aureo nell'ampio calice iridato
col tremolante mormorio dell'onde 490
cui, vasta, succhia, nel tornar, la sabbia.
Ma l'uno e l'altro, è bello, tra i nepoti
e i dolci amici, nella patria terra,
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