Page 174 - Carmina - Poesie latine
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bere in convito parco, ove l'armato
deposte l'armi narri della guerra 495
e sciolga, salvo e di sé pago, i voti.
VI
Salve, o città forte di vallo e fosso!
salve, o bivacco italico di scelte
anime! o campo che non fu mai mosso!
o insegne mai dal loro suolo svelte! 500
Te la dea Roma disegnò quadrata,
qual essa fu, premendo il solco a fondo,
col grande aratro dalla prua ferrata,
con cui fendé fecondatrice il mondo.
Come legione ferrea che si schiera, 505
con pari file, dritte e quadre, invade
il vasto campo; cosí tu, guerriera,
con le tue case e con le tue contrade.
In te milizia è tutto; anche l'austere
voci e parole e l'anime dei tuoi; 510
che, se squilli la tromba del dovere,
corrono a morte, umili ed alti eroi.
Né, pur sempre crescendo in ogni parte,
oblío ti prese del mensor di Roma,
o fida al primo cardine, ed all'arte, 515
ubbidiente, dell'antica groma.
Ma le diritte nuove strade intorno
son or tenute da coorti nuove,
e un fragor d'armi nuovo, e notte e giorno,
l'immenso accampamento empie e sommuove. 520
Sono telai dalle infinite spole,
dagli infiniti pettini sonanti;
sono gran magli che sulla gran mole
del rosso ferro piombano incessanti.
Esce il vapor con fischi di tempesta. 525
Ogni metallo intenerisce e strugge.
Morsa da mille denti ogni foresta
si fende e scinde, e intanto freme e rugge.
Fiumi lontani che, da un alto balzo,
a valle giú precipitano bianchi 530
di schiuma, un uom divino, nel rimbalzo
loro, li prese e li serrò nei fianchi.
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