Page 170 - Carmina - Poesie latine
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l'attento orecchio ognor dall'Alpi a Roma.
Ecco luccicar d'armi ampio e di schiere. 305
Ferro era tutto, che copria cavalli
e cavalieri, e tutto il piano era aspro
come di fulva ruggine di ferro.
– Romani voi? Partiti sí da Roma,
ma non Romani. Dove i pili e i valli? 310
Che v'appiattate sotto il fosco ferro? –
Ed altre schiere ecco venir dall'Alpi
traboccando dall'alto arco dell'ampia
porta d'Italia. Per il ciel sereno
in faccia ad essi era una bianca croce. 315
Stupore ebbe le genti, e il condottiere
– Prendi l'insegna della tua vittoria! –
udí. Vinsero in vero, e le lor brevi
spade la via trovarono del sangue
sotto le squamme. In mezzo al vostro cielo 320
restò, Taurini, quella bianca croce,
ora lucente nell'azzurro, ed ora
scialba, e da un triste nimbo incoronata;
finché quel segno fu dalla vittoria
ripreso in mano, quando, o Italia, forte 325
martire, Italia, delle genti, orlavi,
recando in alto la tua verde palma,
la veste bianca di purpureo sangue.
E Roma intanto dalle sette cime
era crollata, e dell'Esperia guasta 330
da ferro e fuoco, nulla piú che l'ombra
era, del nome. E tempo corse, e il nome
anche svaní o come in un rogo immenso
ultima brilla e muore una favilla.
Duca era allora dei Taurini un uomo 335
di quei barbati, che nemici a Roma
avea la biondeggiante Elba mandati.
Il duca era partito per le liete
nozze del re, per le fiorenti mense.
Appena giunto era nell'aula: un tuono 340
rimbombò, subito, ed un lampo insieme
illuminò per l'aula le criniere
fulve e le barbe e le dense aste e l'azze
razzanti, e il re. Li scosse e impietrò tutti,
ed il palagio con un lungo rombo 345
scrollò. – Del re breve la vita e il regno!
Duca Agilulf, diremo noi tra breve
te re. – Queste Parole e' le nascose
nel cuore, il duca, e ne ronzava il cuore
profondo. Ma non volsero molti anni: 350
furono vere. Né, concordi, a grida
sonore i duchi porsero a lui l'asta,
a lui dicendo di regnar su loro;
ma la regina fu che il regno e un colmo
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