Page 165 - Carmina - Poesie latine
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Roma era allora cinta dalla dia
vigile Terra. Tardo, a poco a poco,
continuasti, o Toro, la tua via,
volgendo al tuono il capo, spesso, e al fuoco.
Tutta cosí la terra senza nome 80
varcasti lungo il risonante mare
passando fiumi e valli oscure; e come
fosti alla fine del fatale andare,
la Primavera Sacra che dai solchi
natii fu data ai venti e alle venture, 85
il tuo ramingo popolo, i bifolchi,
ITALO, tuoi, levando l'aste pure,
dissero: Italia! Vollero che il breve
lido del mare fosse Italia, fosse
di te. L'Etna alitava, tra la neve, 90
nuvole, ver' la verde Italia, rosse.
Poi dove il Sole ha i pascoli, tu insieme
ai tuoi Taurisci a nuoto un dí passavi.
Ma sopravenne dalle prode estreme
l'Eroe piú dio che gl'Immortali ignavi. 95
«Indietro» disse, e tese l'arco. Indietro
volgesti allor, parando le tue torme,
girando spesso attorno gli occhi tetro
ponendo i piedi sulle tue grandi orme.
Passando, quella ch'era un dí palude, 100
vedesti arare e seminar già doma.
Era un pastore dalle membra nude
che seminava l'avvenir di Roma.
Aveva atteso te, la primavera
tua, la tua stella. Anche di lí cacciato, 105
spingevi innanzi la tribú tua fiera,
volgendo il capo, ed obbedendo al fato.
T'era alle spalle, simigliante a notte
oscura, te seguendo sempre al varco,
una grande ombra in mezzo a nubi rotte, 110
l'ombra di lui, con nudo e teso l'arco.
Ma tu posasti, dove due fiumane
angolo fanno, certo del destino.
Si sparse intorno per capanne e tane
il tuo tenace popolo Taurino. 115
Appiè dell'Alpi t'accostasti come
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