Page 153 - Carmina - Poesie latine
P. 153

al suo sepolcro e l'appendé dov'era,
            e col suo masso chiuse la spelonca.                      645
            Dove ancor pende e raggia ancor la luce
            su te, giovine eroe primo, che fosti
            di tanta gloria e tanta lotta e tanto
            dolore e amore la primizia santa.
            Son tre millenni ch'ella dal sepolcro                    650
            veglia su Roma con l'eterna luce.

                       A ROMA ETERNA

              Spirito eterno, eterna forza, o Roma!
            Dopo il gran sangue, dopo l'oblío lungo,
            e il fragor fiero e il pallido silenzio,
            e tanti crolli e tante fiamme accese                     655
            da tutti i venti, tu col piè calcando
            le tue ceneri, tu le tue macerie,
            sempre piú alta, celebri il piú grande
            dei tuoi trionfi; che la morte hai vinta.
            Tu in faccia a tutti i popoli che a parte                660
            chiamasti del tuo dritto, ora apparisci
            nel primo fior di giovinezza ancora,
            meravigliosa, simile a Pallate,
            difesa intorno dal fulgor dell'armi,
            e con la spada; e pende sopra il mondo                   665
            quella al cui lume accesero le genti
            tutte il lor lume, quella che a noi rompe
            l'ombra: o Roma possente, la possente
            tua piú che il tempo lampada di vita.

                                                    Trad. GIOVANNI PASCOLI

            v. 1. Sui tre nomi di Roma cfr. Gregorovius I, pag. 453; Graf, Roma nel Medio Evo I, pag. 13 [vedi anche la nota al
            v. 131 del poemetto Post occasum urbis, parte I (Solitudo)]. v. 10 sg. Cfr. Sofocle, Antigone 781, 785.
            v. 22 sgg. Il letto funebre di Pallante fu intessuto arbuteis virgis: cfr. Virgilio, Eneide XI 65, e in generale tutto il passo.
            v. 166 sgg. Sull'ascia vedi l'art. di G. Boni in Nuova Antologia, 16 aprile 1911, pag. 21.
            v. 350. Frameati da framea: Tacito, Germania 6.
            v. 416. Chiamavano favisae i luoghi intorno ai templi, in cui vi era acqua stagnante. Altri credono che le favisae fossero
            una sorta di cisterne o cantine nel Campidoglio, e che vi si riponessero gli oggetti sacri resi inutilizzabili dal tempo
            (Festo p. 78 Lindsay).
            vv. 454 sgg. Su Roma abbandonata cfr. Gregorovius I, pag. 306, 309.
            v. 614 sgg. Sul sepolcro di Pallante cfr. Guglielmo di Malmesbury (Migne, CLXXIX p. 1191), 357.



















                                                           153
   148   149   150   151   152   153   154   155   156   157   158