Page 149 - Carmina - Poesie latine
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la frangano le folgori tonanti:
sia sacra a Dio, precipitino i cieli
sulla lor cosa.» Tanto ei volle, e tutti
al suo comando, partono, e le madri 460
sono strappate all'are, ed i fanciulli
vanno e le indarno verginette in fiore.
Poi, per le vie del duro suono, i plaustri
Goti e i cavalli e le Àmale coorti,
piene di preda, andarono sull'orme 465
degli antichi manipoli, e lontano
il vincitore in sua lorica d'oro
svaní lasciando gli edifici soli,
già balenanti, già meditabondi
tra sé e sé, del crollo ultimo, e Roma, 470
Roma, sotto il suo sole almo, deserta.
IL GRANDE SEPOLCRO
E fu silenzio dentro le muraglie
sacre, e il pomerio grande ora cingeva
grande un sepolcro. E il sole che la vide
tacita, a poco a poco calò, lento 475
sfiorando con un alito di luce
le cupole e i lunghissimi obelischi;
e poi nel trarre fuori il dí, tentando
invano di svegliarla dal gran sonno,
stupiva di vederla altra e la stessa. 480
Suono non v'era se non d'improvviso
crollo di muro o il tonfo di finestre,
cui si provava di serrare il vento.
Talvolta andando e riandando i corvi,
gracchianti, a stormo, quel letargo strano 485
scotean, nell'ira, d'uomini e di cose.
E molti discendean dall'Aventino
foschi avvoltoi, che ripetean l'augurio
natale, in alto, sulla città morta.
E poi notturna i cuccioli la volpe 490
guidava, e le basiliche del Foro
cauta girava e le colonne antiche.
E dopo i lunghi secoli le lupe
del tempo primo vennero, cercando
gli antri per l'alte sedi imperiali. 495
Parean, destati dal lor sonno i templi,
aperti stare, stare ed aspettare
i sacerdoti immemori. Giaceva,
abbandonata per i sette monti,
Roma. E le acquate assidue la battono 500
e le raffiche rapide del vento,
e la fiammante folgore del cielo
ormai fa divampare il rogo.
IL NOME CELESTE
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