Page 145 - Carmina - Poesie latine
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il tempo antico) ora; non già, fratelli, 270
allora, anche pugnaci sotto il ventre
della nutrice vostra lupa fosca:
tante pendean le poppe, e tra voi d'una
sorgea contesa, per averla entrambi:
voi che la lupa con la scabra lingua 275
non ammansava, ed ammansò la morte:
che stretti poi con infrangibil patto,
come la notte è giunta al dí, celesti
cavalcatori, componete il tempo,
non interrotto, con la luce e l'ombra; 280
su! le criniere v'attorcete in mano,
saltate su, lanciateli: da tanto
hanno i cavalli l'émpito nel cuore!
Al lor ritorno avvinti per le briglie
alle colonne vostre, dagli augusti 285
ruderi il loglio antico pasceranno.
Ma ora andate a rivedere i campi
delle legioni, a riveder le terre
onde v'avvenne riportare il nunzio
della vittoria. Si combatte ancora 290
con ferro e fuoco. Sono le coorti
d'allora; al cielo va la polvere, alto
suona il fragore. Colmano bassure,
piantano i valli, sfanno i colli, occulte
forano vie per entro le montagne. 295
Sono picconi l'armi nostre. Andate
propizïando! il Popolo pilumno
pensi i trionfi che menò, le leggi
che fece, il dritto che impartí, la pace
che diede e allievi il suo lungo lavoro 300
d'oggi con la sua gloria veterana.
LA VERGINE MASSIMA
Ora ascoltando le sorsate al fonte
sacro, e il bussar dell'unghie alterne in terra,
nel tempio augusto pallida taceva,
fisa con gli occhi, la sacerdotessa; 305
poi, nell'alto silenzio risonando
una voce mirabile: Vittoria!
ella premea nel cuore quella voce
e quel portento e s'avviava all'arce
del Campidoglio. E il popolo mirava 310
tacitamente ascendere il pontefice
e la vergine massima.
IL PASSO DI ROMA
Divina
cosí con passo sempre ugual, di gloria,
andava Roma verso il grande imperio.
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