Page 140 - Carmina - Poesie latine
P. 140
empiva a volte del suo rauco augurio
lo stuol de' corvi. E Fauno avea per reggia
una capanna piccola, coperta 45
di felci e stoppia. E guardie sulla soglia
avea due cani, che correndo innanzi
bandían, lieti abbaiando, il suo ritorno.
Al re non tromba dividea la notte
buia in vigilie: gli diceva – È l'alba – 50
di sul colmigno il passero, e la rondine,
anche piú presso, gliel garría dal trave.
E quindi il tempo portò via quel Fauno
e il suo dolore, e la caduca reggia;
e sul Palazio ignare le giovenche 55
pascevano, e la valle posta al piede
si mescolava d'un belar d'agnelli.
E se il pastore aveva udito un qualche
urlo di lupi, egli, racchiuso il gregge
in uno speco, s'addormía tranquillo. 60
Veniva allora, per le tenebre, una
lupa, e fiutava il chiuso lupercale.
E Fauno, il buono, nelle selve ombrose
cantava il canto delle foglie ai venti,
invisibile. E sulle antiche quercie 65
picchierellando senza fine il picchio
sacro contava gli anni tanti, gli anni
tardi a venire.
LUPI ED AQUILE
Aprile, che s'apriva
il fiore, venne, e il Tevere piú gonfio
portava l'onde con un grande rombo: 70
e d'ogni parte sulle piane e i colli
arsero fuochi nella notte sacra.
Tutto splendé. Fiamme correva il fiume.
Però che, intorno, alle selvaggio stanze
fuoco i pastori davano, mutando 75
già le capanne, d'erbe e frasche, in case.
E poi, saltando sulle fiamme, un canto
diceano, sacro: «Fuoco puro, Fuoco
grande, buon Fuoco, che ammollisci e domi,
portati via queste capanne, portati 80
via questi nidi! Noi non siamo uccelli,
lupi noi siamo. Addio, cose d'un'ora!
Siamo per fare una città ch'eterna
duri, ed un proprio focolare, in mezzo,
sarà per te, che mai non dormi, o Fuoco!» 85
Ed una torma giovanil piú fiera
diceva: «Oh! bello andare al vento! È bella
È l'ora che fugge, e sempre un altro il sole!
La terra sempre nuova sotto quelle
140