Page 79 - Giorgio Vasari
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conoscere ciò, bisogna, quando i pezzi s'innestano su la figura, pesarli
               pezzo per pezzo; così poi, nel cavare la cera, ripesarla; e facendo il
               calo di quella, vede l'artefice se n'è rimasta fra l'anima e la cappa, e
               quanta n'è uscita. E sappi che qui consiste la maestria e la diligenza
               dell'artefice  a  cavare  tal  cera;  dove  si  mostra  la  difficultà  di  fare  i

               getti,  che  venghino  begli  e  netti;  atteso  che,  rimanendoci  punto  di
               cera,  ruinarebbe  tutto  il  getto,  massimamente  in  quelle  parti  dove
               essa rimane.

               Finito questo, l'artefice sotterra questa forma vicino alla fucina dove il
               bronzo si fonde, e puntella sì che il bronzo non la sforzi, e li fa le vie

               che possa buttarsi, et al sommo lascia una quantità di grossezza, che
               si possa poi segare il bronzo che avanza di questa materia; e questo
               si fa perché venga più netta. Ordina il metallo che vuole, e per ogni
               libra  di  cera  ne  mette  dieci  di  metallo.  Fassi  la  lega  del  metallo

               statuario  di  due  terzi  rame  et  un  terzo  ottone,  secondo  l'ordine
               italiano.  Gli  Egizi,  da'  quali  quest'arte  ebbe  origine,  mettevano  nel
               bronzo i due terzi ottone e un terzo rame. Del metallo elletro, che è
               degl'altri più fine, si mette due parti rame e la terza argento; nelle

               campane per ogni cento di rame XX di stagno - et a l'artiglierie per
               ogni cento di rame dieci di stagno -, acciò che il suono di quelle sia
               più squillante et unito.

               Restaci  ora  ad  insegnare,  che  venendo  la  figura  con  mancamento,
               perché fosse il bronzo cotto o sottile o mancasse in qualche parte, il
               modo dell'innestarvi un pezzo. Et in questo caso lievi l'artefice tutto

               quanto  il  tristo  che  è  in  quel  getto,  e  facciavi  una  buca  quadra
               cavandola  sotto  squadra;  di  poi  le  aggiusti  un  pezzo  di  metallo
               attuato  a  quel  pezzo,  che  venga  in  fuora  quanto  gli  piace;  e
               commesso  appunto  in  quella  buca  quadra,  col  martello  tanto  lo

               percuota  che  lo  saldi,  e  con  lime  e  ferri  faccia  sì  che  lo  pareggi  e
               finisca in tutto.

               Ora, volendo l'artefice gettare di metallo le figure picciole, quelle si
               fanno di cera o, avendone, di terra o d'altra materia, vi fa sopra il
               cavo di gesso come alle grandi, e tutto il cavo si empie di cera. Ma

               bisogna che il cavo sia bagnato, perché buttandovi detta cera, ella si
               rappiglia per la freddezza dell'acqua e del cavo. Di poi, sventolando e
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