Page 38 - Giorgio Vasari
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assottigliando  gl'ingegni  umani,  e  nuove  cose  investigando,
               nondimeno anco i moderni che in diversi tempi hanno per intagliar il
               porfido  provato  nuovi  modi,  diverse  tempre  et  acciai  ben  purgati,
               hanno,  come  si  disse  di  sopra,  infino  a  pochi  anni  sono  faticato
               invano.

               E pur l'anno 1553, avendo il signor Ascanio Colonna donato a papa

               Giulio III una tazza antica di porfido bellissima larga sette braccia, il
               Pontefice per ornarne la sua vigna ordinò, mancandole alcuni pezzi,
               che  la  fusse  restaurata;  per  che,  mettendosi  mano  all'opera  e
               provandosi  molte  cose  per  consiglio  di  Michelagnolo  Buonarroti  e

               d'altri  eccellentissimi  maestri,  dopo  molta  lunghezza  di  tempo  fu
               disperata l'impresa, massimamente non si potendo in modo nessuno
               salvare alcuni canti vivi, come il bisogno richiedeva. E Michelagnolo,
               pur avvezzo alla durezza de' sassi, insieme con gli altri se ne tolse

               giù, né si fece altro.
               Finalmente, poiché niuna altra cosa in questi nostri tempi mancava

               alla perfezione delle nostr'arti che il modo di lavorare perfettamente
               il  porfido,  acciò  che  né  anco  questo  si  abbia  a  disiderare,  si  è  in
               questo  modo  ritrovato.  Avendo  l'anno  1555  il  signor  duca  Cosimo
               condotto dal suo palazzo e giardino de' Pitti una bellissima acqua nel

               cortile  del  suo  principale  palazzo  di  Firenze,  per  farvi  una  fonte  di
               straordinaria bellezza, trovati fra i suoi rottami alcuni pezzi di porfido
               assai grandi, ordinò che di quelli si facesse una tazza col suo piede
               per  la  detta  fonte;  e  per  agevolar  al  maestro  il  modo  di  lavorar  il

               porfido, fece di non so che erbe stillar un'acqua di tanta virtù, che,
               spegnendovi  dentro  i  ferri  bollenti,  fa  loro  una  tempera  durissima.
               Con  questo  segreto  adunque,  secondo  'l  disegno  fatto  da  me,
               condusse Francesco del Tadda, intagliator da Fiesole, la tazza della

               detta fonte, che è larga due braccia e mezzo di diametro, et insieme
               il suo piede, in quel modo che oggi ella si vede nel detto palazzo. Il
               Tadda, parendogli che il segreto datogli dal Duca fusse rarissimo, si
               mise a far prova d'intagliar alcuna cosa, e gli riuscì così bene, che in

               poco  tempo  ha  fatto  in  tre  ovati  di  mezzo  rilievo  grandi  quanto  il
               naturale il ritratto d'esso signor duca Cosimo, quello della duchessa
               Leonora,  et  una  testa  di  Gesù  Cristo  con  tanta  perfezzione,  che  i
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