Page 32 - Giorgio Vasari
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male fanno coloro che s'ingegnano di disunirle e di separarle l'una da
l'altra. De la qual cosa volendoci forse sgannare il cielo e mostrarci la
fratellanza e la unione di queste due nobilissime arti, ha in diversi
tempi fattoci nascere molti scultori che hanno dipinto, e molti pittori
che hanno fatto delle sculture; come si vedrà nella vita d'Antonio del
Pollaiuolo, di Lionardo da Vinci e di molti altri di già passati. Ma nella
nostra età ci ha prodotto la bontà divina Michelagnolo Buonarroti; nel
quale amendue queste arti sì perfette rilucono e sì simili et unite
insieme appariscono, che i pittori delle sue pitture stupiscono, e gli
scultori le sculture fatte da lui ammirano e reveriscono sommamente.
A costui, perché egli non avesse forse a cercare da altro maestro
dove agiatamente collocare le figure fatte da lui, ha la natura donato
sì fattamente la scienza dell'architettura, che senza avere bisogno
d'altrui, può e vale da sé solo et a queste e quelle imagini da lui
formate dare onorato luogo et ad esse conveniente: di maniera che
egli meritamente debbe esser detto scultore unico, pittore sommo ed
eccellentissimo architettore, anzi dell'architettura vero maestro. E
ben possiamo certo affermare che e' non errano punto coloro che lo
chiamano divino; poiché divinamente ha egli in sé solo raccolte le tre
più lodevoli arti e le più ingegnose che si truovino tra' mortali, e con
esse, ad essempio d'uno Iddio, infinitamente ci può giovare. E tanto
basti per la disputa fatta dalle parti, e per la nostra opinione.
E tornando oramai al primo proposito, dico che, volendo, per quanto
si estendono le forze mie, trarre dalla voracissima bocca del tempo i
nomi degli scultori, pittori ed architetti, che da Cimabue in qua sono
stati in Italia di qualche eccellenza notabile, e desiderando che
questa mia fatica sia non meno utile, che io me la sia proposta
piacevole, mi pare necessario, avanti che e' si venga all'istoria, fare
sotto brevità una introduzzione a quelle tre arti, nelle quali valsero
coloro di chi io debbo scrivere le vite; a cagione che ogni gentile
spirito intenda primieramente le cose più notabili delle loro
professioni; et appresso, con piacere et utile maggiore, possa
conoscere apertamente in che e' fussero tra sé differenti, e di quanto
ornamento e comodità alle patrie loro, et a chiunque volle valersi
della industria e sapere di quelli.