Page 27 - Giorgio Vasari
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condursi e del tempo che vi si mette a lavorarla, che dell'eccellenza

               dell'arte  stessa.  E  quando  questa  non  serva,  né  si  truovi  prezzo
               maggiore,  come  sarebbe  facil  cosa  a  chi  volesse  diligentemente
               considerarla,  truovino  un  prezzo  maggiore  del  maraviglioso  bello  e
               vivo  dono,  che  alla  virtuosissima  et  eccellentissima  opera  d'Apelle

               fece Alessandro il Magno, donandogli non tesori grandissimi o stato,
               ma la sua amata e bellissima Campsaspe; et avvertischino di più, che
               Alessandro era giovane, innamorato di lei, e naturalmente agli affetti

               di  Venere  sottoposto,  e  re  insieme  e  Greco;  e  poi  ne  faccino  quel
               giudizio  che  piace  loro.  Agli  amori  di  Pigmalione,  e  di  quegli  altri
               scelerati,  non  degni  più  d'essere  uomini,  citati  per  pruova  della
               nobiltà dell'arte, non sanno che si rispondere, se da una grandissima
               cecità di mente, e da una sopra ogni natural modo sfrenata libidine,

               si può fare argumento di nobiltà. E di quel non so chi allegato dagli
               scultori d'aver fatto la Scultura d'oro e la Pittura d'argento, come di
               sopra, consentono che se egli avesse dato tanto segno di giudizioso

               quanto di ricco, non sarebbe da disputarla. E concludono finalmente
               che l'antico vello dell'oro, per celebrato che e' sia, non vestì però altro
               che  un  montone  senza  intelletto:  per  il  che  né  il  testimonio  delle
               ricchezze,  né  quello  delle  voglie  disoneste,  ma  delle  lettere,
               dell'esercizio,  della  bontà  e  del  giudizio,  son  quelli  a  chi  si  debbe

               attendere.

               Né  rispondono  altro  alla  difficultà  dell'avere  i  marmi  e  i  metalli,  se
               non  che  questo  nasce  dalla  povertà  propria  e  dal  poco  favore  de'
               potenti,  come  si  è  detto,  e  non  da  grado  di  maggiore  nobiltà.
               All'estreme  fatiche  del  corpo  et  a'  pericoli  propri  e  dell'opere  loro,

               ridendo e senza alcun disagio rispondono che se le fatiche et i pericoli
               maggiori arguiscono maggiore nobiltà, l'arte del cavare i marmi delle
               viscere  de'  monti  per  adoperare  i  conii,  i  pali  e  le  mazze,  sarà  più
               nobile della scultura; quella del fabbro avanzerà l'orefice, e quella del

               murare, l'architettura. E dicono appresso che le vere difficultà stanno
               più  nell'animo  che  nel  corpo;  onde  quelle  cose  che  di  loro  natura
               hanno  bisogno  di  studio  e  di  sapere  maggiore,  son  più  nobili  ed
               eccellenti  di  quelle  che  più  si  servono  della  forza  del  corpo;  e  che

               valendosi  i  pittori  della  virtù  dell'animo  più  di  loro,  questo  primo
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