Page 22 - Giorgio Vasari
P. 22
PROEMIO DI TUTTA L'OPERA
Soleano gli spiriti egregii in tutte le azzioni loro per uno acceso
desiderio di gloria non perdonare ad alcuna fatica, quantunche
gravissima, per condurre le opere loro a quella perfezzione, che le
rendesse stupende e maravigliose a tutto il mondo; né la bassa
fortuna di molti poteva ritardare i loro sforzi dal pervenire a sommi
gradi, sì per vivere onorati, e sì per lasciare ne' tempi a venire eterna
fama d'ogni rara loro eccellenza. Et ancora che di così laudabile
studio e desiderio fussero in vita altamente premiati dalla liberalità
de' principi, e dalla virtuosa ambizione delle repubbliche, e dopo
morte ancora perpetuati nel cospetto del mondo con le testimonianze
delle statue, delle sepulture, delle medaglie et altre memorie simili,
la voracità del tempo, nondimeno, si vede manifestamente che non
solo ha scemate le opere proprie e le altrui onorate testimonianze di
una gran parte, ma cancellato e spento i nomi di tutti quelli che ci
sono stati serbati da qualunque altra cosa, che dalle sole vivacissime
e pietosissime penne delli scrittori.
La qual cosa più volte meco stesso considerando, e conoscendo non
solo con l'esempio degli antichi ma de' moderni ancora che i nomi di
moltissimi vecchi e moderni architetti, scultori e pittori, insieme con
infinite bellissime opere loro in diverse parti d'Italia si vanno
dimenticando e consumando a poco a poco, e di una maniera, per il
vero, che ei non se ne può giudicare altro che una certa morte molto
vicina, per difenderli il più che io posso da questa seconda morte, e
mantenergli più lungamente che sia possibile nelle memorie de' vivi,
avendo speso moltissimo tempo in cercar quelle, usato diligenzia
grandissima in ritrovare la patria, l'origine, e le azzioni degli artefici, e
con fatica grande ritrattole dalle relazioni di molti uomini vecchi, e da
diversi ricordi e scritti lasciati dagli eredi di quelli in preda della
polvere e cibo de' tarli, e ricevutone finalmente et utile e piacere; ho
giudicato conveniente, anzi debito mio, farne quella memoria che il
mio debole ingegno et il poco giudizio potrà fare.