Page 29 - Giorgio Vasari
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senso  solo;  la  qual  cosa,  quando  ella  è  stata  fatta  da  persona
               intelligente  dell'arte,  con  piacevolissimo  inganno  ha  fatto  rimanere
               molti grandi uomini, per non dire degli animali: il che non si è mai
               veduto della scultura, per non imitare la natura in quella maniera che
               si possa dire tanto perfetta quanto è la loro.

               E finalmente, per rispondere a quella intera ed assoluta perfezzione

               di  giudizio  che  si  richiede  alla  scultura,  per  non  aver  modo  di
               aggiugnere  dove  ella  leva,  affermando  prima  che  tali  errori  sono,
               come ei dicano, incorregibili, né si può rimediare loro senza le toppe,
               le  quali  così  come  ne'  panni  sono  cose  da  poveri  di  roba,  nelle

               sculture e nelle pitture similmente son cose da poveri d'ingegno e di
               giudizio. Di poi che la pazienza con un tempo conveniente, mediante i
               modelli,  le  centine,  le  squadre,  le  seste  et  altri  mille  ingegni  e
               strumenti da riportare, non solamente gli difendano dagli errori, ma

               fanno condur loro il tutto alla sua perfezzione, concludono che questa
               difficultà che ei mettano per la maggiore, è nulla o poco rispetto a
               quelle  che  hanno  i  pittori  nel  lavorare  in  fresco;  e  che  la  detta
               perfezzione di giudizio non è punto più necessaria alli scultori che a'

               pittori, bastando a quelli condurre i modelli buoni di cera, di terra, o
               d'altro,  come  a  questi  i  loro  disegni  in  simili  materie  pure  o  ne'
               cartoni, e che finalmente quella parte che riduce a poco a poco loro i
               modelli  ne'  marmi,  è  più  tosto  pazienza  che  altro.  Ma  chiamisi

               giudizio,  come  vogliono  gli  scultori,  se  egli  è  più  necessario  a  chi
               lavora in fresco, che a chi scarpella ne' marmi. Perciò che in quello
               non solamente non ha luogo né la pacienza né il tempo, per essere
               capitalissimi inimici della unione della calcina e de' colori, ma perché

               l'occhio non vede i colori veri, insino a che la calcina non è ben secca,
               né  la  mano  vi  può  aver  giudizio  d'altro  che  del  molle  o  secco;  di
               maniera  che  chi  lo  dicesse  lavorare  al  buio  o  con  occhiali  di  colori
               diversi  dal  vero,  non  credo  che  errasse  di  molto,  anzi  non  dubito

               punto che tal nome non se li convenga più che al lavoro d'incavo, al
               quale per occhiali, ma giusti e buoni, serve la cera. E dicono che a
               questo lavoro è necessario avere un giudizio risoluto, che antivegga
               la fine nel molle, e quale egli abbia a tornar poi secco; oltra che non

               si può abbandonare il lavoro mentre che la calcina tiene del fresco, e
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