Page 73 - La passione di Artemisia
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9. Inclinazione
Finalmente avevo dipinto abbastanza quadri e acquisito sufficiente
sicurezza per presentarmi a Michelangelo Buonarroti il Giovane.
Non sapendo scrivere nello stile fiorito che una lettera del genere
richiedeva, chiesi a Pietro di farlo per me, ricordando a Buonarroti la lettera
di mio padre e chiedendo udienza.
«Tuo padre lo conosce?»
«Sì. Da anni».
«No».
«Pietro, ti prego. Non so scrivere in quel linguaggio ricercato. Dettami
solo quello che devo dire. Poi mi firmerò Artemisia Gentileschi, moglie del
pittore Pierantonio Stiattesi. Così conoscerà anche te».
Cedette. Affilai una penna d'oca e scrissi sotto sua dettatura.
«Vai più piano», lo pregai e mi impegnai su ogni singola lettera.
La risposta giunse rapidamente. Buonarroti mi invitava nella sua casa di
via Ghibellina. Pietro la lesse e inarcò un sopracciglio, ma non fece
commenti. Andai da sola, inciampai sul selciato sconnesso, una carrozza di
passaggio mi schizzò di fango e infine, ansiosa e affannata, giunsi di fronte
a un portone anonimo, in un'angusta stradina. Un giovane servitore mi
accompagnò al piano superiore, facendomi passare per una piccola
anticamera vuota, in un salone rettangolare col soffitto a cassettoni. Un
uomo con un lucco verde senza maniche stava portando un fascio di pagine
da un alto scrittoio a un lungo tavolo nel centro della stanza. Il servitore mi
annunciò.
«Ah, signora, vi stavo aspettando», disse con voce dolce da sotto i baffi
spioventi.
«Mi dispiace Vostra Signoria, non conoscevo la strada».
«Intendevo dire che vi stavo aspettando dopo la lettera di vostro padre.
Avreste dovuto venire direttamente da me appena arrivata a Firenze».
«Non lo sapevo».
«Non ha importanza. Mostratemi quello che avete portato».
Spostò libri e cartelle di disegni per fare posto sul tavolo di legno lucido
con una bordura a tarsie di pietre dure.
Vi poggiai i nuovi studi e disegni. Li esaminò tutti con attenzione,
carezzandosi la barba folta ed emettendo dei mormorii, che parevano di
approvazione. Sistemammo la Giuditta e la Smanna, su tavoli da disegno.
Sollevò i tavoli verso l'alto e fece qualche passo all'indietro, mentre le tele
si srotolavano. Sollevò di botto le sopracciglia e un sorriso gli aleggiò sulle
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