Page 70 - La passione di Artemisia
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di  difficile,  un  occhio,  una  mano,  un  piede  a  scorcio,  le  sue  urla  mi

          distoglievano dalla concentrazione e mi ci voleva molto tempo per ritrovare
          il punto in cui ero stata interrotta. Quando cominciò a camminare a quattro
          zampe, cercò di mangiare del giallo di Napoli da un vasetto di colore che

          avevo posato su uno sgabello troppo basso. «Guarda, anche lei è affamata
          di pittura», dissi a Pietro. Palmira diede al nostro matrimonio una luce di
          normalità.
               Una  volta  Pietro  ci  fece  posare  per  una  Madonna  col  Bambino.  Mi
          avvolse  in  un  mantello  di  velluto  azzurro,  con  il  bordo  rosa  antico,  che

          aveva  preso  in  prestito,  mentre  Palmira  dormiva  in  braccio  a  me,  tra  le
          pieghe del panneggio.
               Mi  fece  posare  con  lo  sguardo  rivolto  verso  di  lei,  cosa  che  non  mi

          stancavo mai di fare. «Che bellina. La mia bambina santa», continuavo a
          cantilenare.  Di  tanto  in  tanto  mi  spingeva  le  gambette  contro  il  ventre.
          Pietro  ci  guardò  intensamente  per  ore  e  mi  sentii  più  vicina  all'amore  di
          quanto lo fossi mai stata.
               Nonostante  questa  speranza,  star  seduta  tanto  a  lungo  mi  rendeva

          irrequieta.  Volevo  tenerla  in  braccio,  ma  avrei  anche  voluto  essere  io  a
          ritrarla. Quante modelle, negli ultimi due secoli - per la Vergine, Eva, Maria
          Maddalena,  Venere,  Dalila,  Salomè,  Giuditta  -  avevano  desiderato  stare

          dall'altro  lato  del  cavalletto?  «Hai  mai  avuto  una  modella  che  avrebbe
          voluto dipingere?»
              «Non ho mai chiesto».
              «Ma ce ne saranno in questa città. Mi chiedo come potrei scoprirlo».
              «Shh».

               Al  termine  della  sessione  di  posa,  riportai  Palmira  nella  culla  e  diedi
          un'occhiata alla tela. Ne rimasi sconvolta. La forma del mio viso era troppo
          ovale, il collo esageratamente sottile e le unghie troppo lunghe e strette.

              «Non sono io per niente», dissi. «Non è una questione di abilità. Sei un
          buon pittore. E intenzionale».
              Mentre Pietro studiava la tela, arrossì in volto.
              «Ma  che  sono  io?  Solo  un'armatura  su  cui  drappeggiare  del  tessuto  e
          adatta a riflettere la luce? Tutto quello che hai visto sono i panneggi della

          stoffa. Perché Pietro?»
               Si  immerse  nel  lavoro  di  ripulire  la  tavolozza,  senza  guardarmi.  «Un
          motivo ce l'ho».

              «Che motivo è?»
               Considerò  la  cosa  per  un  momento,  poi  posò  la  tavolozza  e  si  diresse
          deciso verso la porta. Corsi a fermarlo.
              «Dimmi!»
              «Sei sicura di volerlo sapere?»



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