Page 68 - La passione di Artemisia
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d'amore. Pietro mi sfiorò l'orecchio con le labbra.

              «E' destinata a una reggia», disse. «Guarda la sua pelle.
              Le vene sono venature azzurre e rosse, come i marmi di Palazzo Pitti».
              Scrissi a mio padre.

               Sei diventato nonno. Si chiama Palmira Prudenzia. Le labbra hanno la
          forma dell'arco di Cupido, un piccolo mento grazioso e appuntito, la pelle di
          seta.  Forse  mamma  avrebbe  detto  che  somiglia  a  me  quando  sono  nata.
          Fino  a  ora  il  solo  talento  che  ha  e  di  fare  le  bollicine  con  la  bocca,  ma
          chissà?

               Potrebbe  diventare  la  prima  artista  nata  a  Firenze.  Stai  creando
          un'eredità.  La  porteremo  a  vedere  le  opere  d'arte  della  città,  come  tu  hai
          fatto  con  me  a  Roma.  Ma  di  questo  puoi  stare  sicuro  -  non  le  verrà

          strappato l'onore in pubblico. Di questo mi farò carico io.
              L'Accademia non mi ha voluta. Ancora.
              Io sto bene.
              Tua figlia Artemisia.
              Mi rispose.


               Cara Artemisia, quando sei nata, non riuscivo a toglierti lo sguardo di
          dosso, per quanto eri minuscola e per le tue manine nuove. Ricordo di aver

          osservato  per  quasi  un'ora  le  tue  piccole  dita  rosa,  che  cercavano  di
          afferrare un fagiolo. Se adesso mi trovassi a Firenze, farei ancora lo stesso.
          Mi piacerebbe cantare per lei.
               L'Accademia è tanto tradizionalista quanto la Chiesa, Si muove a fatica,
          ma  non  potranno  ignorare  per  sempre  un  talento  come  il  tuo.  Hai

          dimenticato  di  andare  a  trovare  Michelangelo  Buonarroti  il  Giovane?  Se
          fossi andata me l'avrebbe detto. Abita in via Ghibellina.
              Insegna a Palmira Prudenzia il nome di Orazio Gentileschi.

               Battezzammo Palmira il 25 marzo, che nell'antico calendario fiorentino
          era il primo dell'anno, giorno in cui tutti i bambini nati a Firenze nel corso
          dell'anno vengono battezzati in Battistero. La fila delle famiglie con i loro
          neonati circondava l'edificio ottagonale. Pietro teneva in braccio Palmira in
          modo  che  potesse  guardare  per  la  prima  volta  le  meravigliose  porte  di

          bronzo dorato di Ghiberti.
              «Si dice che Ghiberti abbia inciso su queste porte la scritta "Guarda la
          bella opera che ho compiuto"».

              «Potremmo dire lo stesso di Palmira», dissi. Pietro mi sorrise, con gli
          occhi scuri traboccanti d'orgoglio.
               Non  lontano,  sulle  scale  del  Duomo,  stava  seduta  una  vecchia  dagli
          occhi folli e dai capelli unti, che tra un'Avemaria e l'altra singhiozzava. Di
          penitenti ne avevo già visti a Firenze, ma mai una tanto folle e disperata.



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