Page 65 - La passione di Artemisia
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Si avvicinò alla panca, mi guardò e mi prese la mano. «E solo che mi ha

          spaventato. Non volevo pensare...»
              «Non ti preoccupare. La schiena mi duole troppo comunque per stare
          davanti al cavalletto».

               Il  giorno  dopo  mi  portai  a  letto  l'album  da  disegno,  lo  poggiai  sulla
          pancia  e  usai  il  dipinto  di  Pietro,  appeso  alla  parete  di  fronte,  come
          soggetto. Quando arrivò a casa, aveva tra le braccia una culla di legno e una
          trapunta.  Poggiò  il  tutto  accanto  a  me,  si  sedette  sul  letto  e  la  fece
          dondolare.

               Vidi  che  erano  entrambe  usate,  ma  per  me  erano  segni  di  una  futura
          felicità.
              «Che c'è nella culla?»

               In mezzo alla trapunta c'era un vasetto di terracotta con un coperchio di
          sughero. Lo prese.
              «Che cos'è?» gli domandai.
              Fece un gran sorriso e me lo porse. «Indovina».
              Lo scossi un poco.

              «No! Non farlo. Il coperchio potrebbe cadere».
              «E' qualcosa da mangiare?»
              «No».

              «Qualcosa da mangiare per il bambino?»
              «No. Aprilo».
              Sollevai il coperchio. Dentro c'era una fine polvere gialla.
              «Profuma di fiori. E' per il bambino?»
              Si alzò, si piegò, sporse le natiche e le indicò col dito.

               Aveva  un  aspetto  talmente  buffo  che  scoppiai  a  ridere,  anche  se  mi
          faceva male la schiena.
              «Quando si arrossa ci metti dell'olio d'oliva e poi lo cospargi di polvere»,

          disse, facendo dei gesti nell'aria come se ci stesse spalmando e spruzzando
          qualcosa.
              «Dove l'hai presa?»
              «Dallo speziale. Franco l'ha chiamata diapasma, polvere da spargere».
              «Come fai a sapere tante cose?»

               Sorrise,  si  strinse  nelle  spalle  e  sollevò  il  mento.  «Intelligenza  pura  e
          semplice, suppongo».
              Mi fece uno strano effetto che sapesse qualcosa che io non sapevo.

              «Vorrei  poter  fare  qualcosa  di  più  che  starmene  qui  distesa»,  dissi
          girandomi  su  un  fianco  per  mettermi  comoda,  ma  non  servì  a  molto.  La
          settimana  precedente  Pietro  aveva  cercato  di  tenermi  occupata
          avvicendando  i  dipinti  sulle  pareti  della  camera  da  letto,  ma  ormai  mi
          stancavo persino di disegnare e non facevo altro che cercare una posizione



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