Page 63 - La passione di Artemisia
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8. Palmira







               Come  entrai  dalla  porta,  Pietro  alzò  lo  sguardo  dal  suo  disegno.  Posò
          lentamente il carboncino, con calma.  Lasciai cadere a terra le tele ancora
          arrotolate e le spinsi col piede contro la parete. Andai in cucina e guardai il
          pane  avanzato  dalla  mattina.  Mi  venne  dietro  e  mi  posò  le  mani  sulle
          spalle;  mi  diede  qualche  colpetto,  come  a  consolare  un  bambino

          imbronciato. Spezzai in due il pane.
              «Che ti aspettavi? Nessuno ha ancora comprato un tuo lavoro a Firenze
          e nell'Accademia non hanno mai ammesso una donna».

              Mi girai per guardarlo in viso. «Ma potrebbero. Non è una legge».
               Il  suo  sorriso  ironico,  consapevole,  mi  fece  sentire  una  sciocca.  Che
          novità, una donna che dipinge. Che cosa curiosa, assurda. Pensava persino
          che l'Accademia potesse accettarla. Che donna sciocca. Poteva riderne con i
          suoi amici alla taverna, ripetendo il vecchio detto: «Una donna è come un

          uovo. Più la sbatti, in un modo o nell'altro, migliore diventa».
              Preparai una cena frugale e andai a letto presto, in amaro silenzio.
               Quando  mi  svegliai,  la  mattina  seguente,  dopo  un  sonno  inquieto,

          rimasi a letto a rimuginare su quello che era accaduto all'Accademia e sulle
          parole forse incaute che avevo pronunciato. Donna pittrice, avevano detto.
          Sono  stati  dipinti  completamente  da  voi?  Come  se  mio  padre  mi  avesse
          retto la mano mentre stringevo il pennello. La delusione mi fece provare un
          senso di nausea e poi ricordai: il bambino.

               Mi  sentii  invasa  dal  calore,  che  contrastava  il  senso  di  nausea,
          un'aspettativa,  sorprendente  e  nuova.  Era  questo  l'insorgere  dell'istinto
          materno? Non l'avevo mai provato prima d'allora, non avevo mai provato il

          desiderio  di  un  figlio,  come  accade  ad  alcune  donne,  ma  ora  che  c'era,  e
          c'era davvero, avvertivo in me la speranza piena di ansia che anche Pietro
          ne fosse felice.
               Quando Pietro cominciò a stiracchiarsi, gli presi la mano, me la posai
          sul  ventre  e  dissi  in  un  soffio:  «Come  sarebbe  se  un  figlio  imparasse  a

          dipingere dal padre e dalla madre?
              Insieme».
              Balzò a sedere sul letto. «E' questa la sorpresa?»

              «Mmm.  Può  darsi.  Saremmo  la  prima  famiglia  di  questo  tipo  a
          Firenze».
              «Vuoi dire un bambino? Quando? Presto? Un maschio.
              Avrò un bel maschio robusto».
              «Penso tra sei mesi».



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