Page 54 - La passione di Artemisia
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quello che sarebbe stato il mio compito giornaliero.

              «Io abito al terzo piano», mi disse.
              Mia. Io. Forse un giorno avrebbe detto noi.
               Immaginai  che  al  pianterreno,  al  primo  e  al  secondo  piano  abitassero

          delle  famiglie  più  benestanti,  esattamente  come  a  Roma.  «Prima  si
          occupava delle faccende domestiche una donna anziana di nome Fina, che
          abita al quarto piano», disse. Immaginai che quel discorso significava che
          non avrebbe continuato a farlo.
               Mentre Pietro e il cocchiere trasportavano su il mio cassone e gli altri

          bagagli, diedi un'occhiata alle tre stanze che sarebbero state la mia nuova
          casa.  Nell'ampio  salone,  utilizzato  come  studio  di  pittura  e  soggiorno,
          c'erano  tre  cavalletti  di  diversa  dimensione  e  una  grande  panca,  che

          probabilmente  usava  per  le  pose,  dal  momento  che  era  piena  di  cuscini,
          copriletti  e  drappi  di  stoffa.  Attorno  a  un  lungo  tavolo  rustico  posato  su
          cavalletti, su cui erano sparsi i suoi disegni e gli attrezzi di lavoro, c'erano
          delle sedie impagliate.
               Non  volendo  disturbare  l'insieme,  spostai  una  lanterna  di  ferro,  col

          paralume di pergamena oliata, per appoggiare le mie borse.
              Dove avrei potuto mettere i miei colori e i pennelli?
               Magari sul davanzale, a meno che non volessi mescolarli con i suoi sul

          tavolo.  Negli  anni  a  venire,  saremmo  arrivati  a  non  distinguere  più  i
          pennelli dell'uno o dell'altra?
               In  cucina  c'era  un  lavello  di  pietra  con  inserito  un  secchio  dell'acqua,
          dotato di rubinetto. Immaginai che fosse il secchio che avrei dovuto usare
          per portare l'acqua, salendo tre rampe di scale. Oppure l'avrebbe fatto lui?

               Il soffitto della terza stanza era basso e spiovente, così che ci si doveva
          piegare fino a metà della camera. C'erano un letto con un pagliericcio, due
          basse cassettiere e un catino sul suo treppiede. I pavimenti erano rivestiti

          di piastrelle di terracotta, a formare un motivo a spina di pesce. Per terra, a
          fianco del letto, solo dal lato su cui aveva gettato il suo mantello, era stesa
          una piccola pelle di capra. Avrei voluto aver portato altre cose appartenute a
          mia madre, in particolare il suo tappetino e la sua sedia pieghevole. Almeno
          aveva un cuscino. Lì in giro non ce n'erano.

               Su  tutte  le  pareti  imbiancate  della  casa  erano  appese  delle  tele  senza
          cornice  -  Sacre  Famiglie,  Annunciazioni,  l'Estasi  di  santa  Teresa  -  tutte
          donne  voluttuose,  addobbate  con  stoffe  stravaganti,  dai  colori  intensi  e

          sontuosi. In un'Annunciazione, notai che gli occhi della Vergine, quando le
          viene annunciata la nascita del Salvatore, non avevano nessuna particolare
          emozione.  Io  avrei  messo  in  quegli  occhi  un'espressione  attonita,
          arrotondandoli  un  poco  e  schiarendo  le  iridi,  per  attrarre  l'attenzione.  La
          vernice all'ambra avrebbe arricchito la mestica dei colori, ma al proposito



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