Page 53 - La passione di Artemisia
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bianco risplendevano nella pallida luce e il campanile quadrato pareva un
gigantesco reliquiario incrostato di pietre preziose.
«Roma non possiede nulla di simile», dissi con lo sguardo rivolto al
cielo.
«L'ha progettato Giotto», disse Pietro. «E' stato terminato molto prima
della cupola».
Nelle stradine più strette attorno a piazza del Duomo c'erano torme di
gente che camminavano nelle pozzanghere fangose e urlavano. Aleggiava
ovunque il puzzo asfissiante del letame di cavallo. Avrei dovuto forse non
notarlo, solo per non urtare il suo evidente orgoglio per la sua città?
«Non percorrere mai questa strada», disse, mentre venivamo raggiunti
dalla terribile puzza proveniente dalle macellerie.
«Le pietre del selciato sono rese talmente viscide dai rifiuti che le donne
non fanno che scivolare e rompersi le ossa. Vai da un'altra parte. Poi ti
mostrerò la macelleria del mio amico che sta in un'altra strada, in modo
che tu non debba venire qui».
La via dei casari, per quanto pungente fosse l'odore, non era così male e,
quando arrivammo a superare le spezierie, avevo ripreso a respirare
normalmente. Da grandi sacchi di mussola si affacciavano sulla via tutte le
sfumature del giallo ocra, terra di Siena, arancio, cinnamomo e verde scuro
in polvere. I colori della mia nuova città. In ogni piazza una scultura, in
ogni nicchia il santo patrono di qualche corporazione. Dovunque guardassi,
arte! Per me si stava aprendo una nuova vita.
Pietro indicò al cocchiere di seguire la via de' Tintori, dove c'erano le
botteghe dei tintori di stoffe. Da ogni finestra e da ogni tetto pendevano
lunghe pezze di lana e di seta. «La via è stata decorata in tuo onore», disse.
«Come stendardi da parata». C'erano donne che vendevano e
compravano pezze di seta in un arcobaleno di colori.
«Forse i loro vestiti sono più colorati ed elaborati, le stoffe più raffinate,
ma le donne non sono più belle delle romane», dissi con un sorriso che
intendeva essere ironico.
Per farlo ridere, mi tappai il naso al tanfo dell'ammoniaca che esalava
dai calderoni fumanti.
Lungo il fiume, donne e ragazze risciacquavano pesanti matasse di lana
nell'Arno verdastro. La carrozza si fermò proprio dietro il fiume, dinanzi a
un edificio di pietra color crema, col tetto di tegole e le persiane di un verde
oliva sbiadito.
«Casa mia», disse Pietro.
Aprì il cancello e ci trovammo in un piccolo cortile con un albero di fico,
alcune piante sparute di geranio e un pozzo quadrato, circondato da pietre
pavimentali invase dal muschio. Il secchio e la carrucola mi indicarono
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