Page 57 - La passione di Artemisia
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che andò con lui a Roma e che lo chiamava Pippo; come Brunelleschi aveva
sfidato gli altri architetti fiorentini a far stare in piedi un uovo sulla punta e
come dimostrò loro la sua intelligenza schiacciando leggermente la punta
su un tavolo, in modo da farlo stare diritto, e come questo gesto gli procurò
la commissione per costruire una cupola che si supportasse da sola, per
coprire il buco rimasto aperto da cinquant'anni nel soffitto del Duomo. E
come Michelangelo rimpiangesse di aver baciato solo la mano e non il volto
di Vittoria Colonna morente, Vittoria, che era stata la luce e la consolazione
degli ultimi anni della sua vita.
Grazie ai racconti di Pietro, quella città divenne viva.
«Masaccio era un omone che morì a ventisette anni», disse, mentre una
domenica stavamo entrando nella chiesa di Santa Maria del Carmine.
All'interno, mi condusse in una cappelletta laterale dalle pareti affrescate.
«Questa è la Cappella Brancacci. Quella dei suoi mecenati».
Di fronte alla Cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre rimasi
impietrita. Su uno sfondo vacuo e brunastro, privo di ogni accenno di
giardino, Adamo si copriva con le mani il volto piegato. Gli occhi di Eva
erano delle ferite vuote, quasi chiusi e dalla bocca spalancata usciva un urlo
di angoscia, che riecheggiava nei meandri del tempo e mi risuonava
nell'anima. Il pathos della loro vergogna mi commosse al punto da
rendermi molli le gambe. Mi sorressi alla balaustra di marmo. Tra Eva e me
non avvertivo lo iato dei secoli.
«Vorrei prenderla tra le braccia per confortarla», dissi in un soffio.
«Michelangelo, Raffaello e Botticelli si sono seduti proprio qui, davanti
a questo affresco per copiarlo», disse Pietro in tono casuale, come se si
fosse trovato tra loro più di cent'anni prima.
Quando crollammo insieme sul letto, non potei ricordare nulla di tutto
quello che avevo visto nel resto della giornata.
Non riuscivo a dormire. Tenevo lo sguardo fisso nel buio
sull'espressione torturata di Eva. Ecco ciò che si provava nel sentirsi
totalmente abbandonati, reietti, privati di Dio. Nonostante tutto quello che
avevo passato, non avevo mai provato una disperazione così devastante.
Il ritmo del respiro di Pietro faceva pulsare in me il dolore di Eva e mi
rigirai nel letto incapace di stare ferma.
I miei movimenti lo destarono. «Che c'è?» mormorò.
«Non riesco a dormire. Non faccio che pensare a Eva».
Si girò e mi attrasse a sé, come se, accogliendomi tra le sue braccia,
potesse quietarmi. «Cerca di non pensare, amore».
Respirammo il buio all'unisono, finché sentii risvegliarsi il suo
membro, che strusciava contro di me. No, pensai, non ora. Come potrei,
ora, con l'incubo dell'angoscia di Eva dopo che aveva ceduto al suo
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