Page 51 - La passione di Artemisia
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7. Firenze
La strada era bloccata da buoi bianco-latte inghirlandati di fiori e da
carretti carichi di olive, ma Pietro non pareva farvi caso. «Mi piace quel
rumore che i raccoglitori di olive fanno con i bastoni e la sua eco che
risuona negli uliveti», disse.
Dal finestrino della carrozza, le reti che coprivano il terreno sotto gli
ulivi apparivano spettrali per i vapori della nebbia mattutina.
«Pare che tutti siano fuori, intenti a far qualcosa», dissi, felice di poter
fare una conversazione normale.
«E' molto faticoso tenere la testa rivolta verso l'alto tutto il giorno, per
settimane intere. Giovanni e io lo facevamo da giovani, nell'uliveto di
nostro zio. Fa male al collo».
«Come per Michelangelo quando dipinse la Cappella Sistina,
probabilmente. O per mio padre. Sta affrescando un soffitto per il cardinal
Borghese».
«Sì, ugualmente faticoso, solo che, per le olive, lo si deve fare daccapo
ogni anno».
Ero compiaciuta ogni volta che potevo farlo sorridere, anche se non mi
convinceva ancora quel suo onorevole gesto di avermi sposata. Mi pareva
volgare chiedergli quali fossero stati i suoi veri motivi. Può la gratitudine
essere il seme dell'amore?
In viaggio mangiammo salame, pane, mele verdi e pecorino fresco, che
il locandiere aveva avvolto per noi in un panno. Cose semplici. Un pasto del
genere potevo prepararlo anch'io.
Dietro un filare di cipressi, notai una sottile torre a pianta quadrata i cui
merli parevano una corona su un esile collo. «Qual è la cosa più bella a
Firenze?» domandai, pensando di poter ascoltare una descrizione da pittore
di qualche elegante guglia, o qualche statua di marmo, o qualche affresco.
Ci pensò un momento, tagliò una fetta di mela e me la porse, infilzata
sulla punta acuminata del coltello. «Le donne».
«Tanto valeva che tu mi avessi piantato quella lama nel petto». Risi
dolcemente, per mostrare che non mi sentivo ferita sebbene le mie parole
fossero vicine alla verità. Facendo attenzione alla lama, nei sobbalzi della
carrozza, ne spiccai la mela.
Aggrottò la fronte nel notare la carne rosa ancora in via di guarigione e
alcune croste spesse rimaste alla base delle dita. «Mi dispiace», disse
continuando a fissare. «Giovanni me ne ha parlato».
«Pensi che le cicatrici potranno mai sparire?»
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