Page 47 - La passione di Artemisia
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disse con una certa sorpresa, o almeno così mi parve. Osservò il volto della

          Susanna  e  si  rabbuiò.  «E'  piena  di  emozione.  L'emozione  di  Susanna,
          intendo. Quando l'hai dipinta?»
              «Un paio di anni fa».

              «Prima...»
              «Sì».
              «Così  giovane».  Per  un  momento  rimase  pensieroso  e  poi  disse.
          «Possiedi la capacità di mescolare i colori in modo fine, sottile, soprattutto
          nella resa delle carni. Lucenti come il vetro».

              «Lo vuoi sapere il segreto? Una vernice ottenuta dalla resina d'ambra,
          che i liutai usano a Venezia. I colori vi scivolano sopra. Una parte di vernice
          d'ambra e tre parti d'olio di noce o di lino. Vanno sciolte a calore moderato

          e poi passate su tutta la superficie del dipinto dopo ogni giornata di lavoro.
          Allora  il  colore  sarà  più  stabile  e  asciugherà  più  velocemente  che  se  tu
          usassi solo olio. Se si passa solo dell'olio, i colori tendono a scivolare sulla
          tela e a colare».
               Il  suo  volto  era  chino  sul  ventre  della  Susanna,  ma  lo  sguardo  era

          rivolto verso di me, che guardavo da sopra la tela, così che l'angolatura del
          viso gli conferiva un'espressione ombrosa.
              «Come l'hai imparato?»

              «Da mio padre. Mischia una goccia di vernice a ogni colore a olio che
          mette sulla tavolozza. L'idea di passarla su tutta la tela è mia».
              Dalla gola gli affiorò un suono indistinto, che non era parola.
              «Vedrai. Il pennello non oppone resistenza nel tirare la pennellata e i
          colori sono più brillanti. Ora lo sai anche tu». Sorrisi in modo che speravo

          apparisse seducente. «E' il mio dono di nozze per te».
               Non ricambiò il sorriso. Mi fece invece cenno di mostrargli la terza tela.
          La Giuditta.

              «Non  è  ancora  terminata»,  gli  dissi  e  lasciai  cadere  la  tela  della
          Susanna.
              Dalla bocca gli uscì uno sbuffo di meraviglia e il volto gli si contorse.
              «Non è certo quello che vorrei appendere in camera nostra, ma è molto
          bello. Una composizione complessa».

              Colsi un fuggevole sorriso di sbigottimento.
              «Non preoccuparti. Spero di venderlo non appena sarò più nota».
               Piegò  la  testa  da  una  parte,  quasi  a  indicare  che  non  aveva  pensato

          all'idea che potessi guadagnare del denaro» ma quel gesto premeditato mi
          sembrò una finzione.
              «Oppure potrei darlo a Cosimo de' Medici».
              «No! Non farlo».
              «Perché no?»



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