Page 45 - La passione di Artemisia
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padre  alzò  in  aria  le  mani,  seccato  per  la  mia  titubanza.  Stavo  solo

          aspettando un gesto d'affetto da parte sua.
              «Entra, entra», disse e mi porse in fretta un sacchettino azzurro, legato
          con  un  laccetto,  che  aveva  un  certo  peso.  Lo  nascosi  tra  le  pieghe  della

          gonna mentre salivo sulla carrozza.
               Gli  notai  delle  rughe  profonde  attorno  agli  occhi  e  mi  resi  conto  che
          questo,  per  lui,  doveva  essere  un  momento  difficile.  «Scriverò  di  te  a
          Michelangelo  Buonarroti  il  Giovane.  Fa'  in  modo  di  andare  a  trovarlo».
          Chiuse lo sportello, la carrozza si mosse e questo Pietro, o questo Antonio,

          e io partimmo per Firenze dove, pensai con sollievo, sarei stata libera dal
          disonore.
               Marito  e  moglie.  Continuavo  a  ripetermi  queste  parole  mentre  la

          carrozza  si  dirigeva  a  nord,  verso  la  Flaminia,  passando  dalla  porta  del
          Popolo e in aperta campagna, con i buoi e le pozzanghere. Ero legalmente
          sposata.  Madonna  benedetta,  fa  che  sia  gentile.  Eravamo  seduti  l'uno  di
          fronte all'altra, in silenzio. Dovevo parlare o aspettare che fosse lui a dire
          qualcosa per primo? I suoi occhi irrequieti continuavano a guardare fuori

          dal finestrino e cosi feci anch'io.
               Che cosa catturava così il suo interesse? I vigneti, con le foglie tinte di
          ogni  sfumatura,  dall'oro  al  ruggine?  I  frutteti  di  mandorli?  Le  grandi

          fattorie dietro il velo sottile della pioggia? Le pecore inzuppate? Pareva che
          il paesaggio fosse per lui più importante di colei che gli stava di fronte.
              «Che cosa stai guardando?»
              «Tutto.  Nulla.  I  pioppi  hanno  perso  le  foglie.  L'inverno  verrà  presto
          quest'anno. Potrebbe persino nevicare».

              Che modo singolare di iniziare la vita matrimoniale.
              Parlando del tempo.
              «Ti chiamano Pietro o Antonio?»

              Finalmente si girò verso di me. «Pierantonio».
              «Ah. E' un po' lungo».
               Lentamente sorrise, in modo ironico, intrigante, con una sola parte del
          viso. «Così è, Artemisia».
              «Ti dispiace se ti chiamo Pietro? Mi piace di più».

              «Chiamami come preferisci».
               Il  bisogno  di  parlare  di  cose  più  necessarie  mi  pesava  sul  petto  come
          piombo. «Che cosa sai di me?» gli domandai.

              «So quello che è successo».
              «La  storia  che  si  racconta  per  le  strade  o  la  verità?»  Ero  travolta
          dall'urgenza  bruciante  di  spiattellargli  tutta  la  verità.  «Sono  innocente.
          Anche se non sono vergine. Ma sono innocente».
              Annuì e gliene fui grata. «Questo tale, Agostino...»



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