Page 236 - La passione di Artemisia
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domandai. Si guardarono, pronunciarono delle parole che non compresi e
scossero la testa. «Sala grande?» dissi, allargando le braccia per farmi
capire a gesti e mimai l'atto di dipingere un soffitto.
Allora mi accompagnarono dentro e, passando accanto a stuccatori e
carpentieri, mi indicarono un imponente scalone. Le stanze del piano
nobile non avevano nulla della ricchezza decorativa comune nei palazzi
romani e fiorentini.
Nel salone riconobbi subito le suggestive figure di mio padre, già
installate sul soffitto in pannelli. Era una composizione grandiosa: nove
pannelli e un medaglione centrale con undici figure femminili che
circondavano la figura della Pace, con uno scettro e una ghirlanda di rami
di ulivo. Emanava bellezza e forza. Contai in tutto ventidue figure
completate fino a quel momento, tutte femminili, tra cui la Pittura e la
Scultura, sullo sfondo di un cielo percorso da nuvole. Rimanevano da fare
ancora quattro pannelli.
E lui era così vecchio e fragile.
Era un soffitto stupendo, a parte una cosa: i colori.
Predominavano i verdi, i violetti pallidi, gli azzurri e l'oro ed erano così
lievi, se paragonati ai dipinti che aveva prodotto alla luce intensa di Roma,
che la vita di quelle figure pareva stesse per estinguersi.
«Gli inglesi sono più conservatori di noi nel gusto». Mi girai al suono
della voce di mio padre, che pareva quasi volersi giustificare. Nello sguardo
aveva un'espressione ansiosa e supplichevole. «Devo fare ancora quattro
pannelli».
«Ti aiuterò io».
Lentamente, con esitazione, come se temesse di farmi del male, mi tese
le braccia. Sentii che il mio corpo si scioglieva nel suo abbraccio, come mi
accadeva con Palmira quando era piccola e scivolava nel sonno.
Mi staccai da lui e alzai lo sguardo. «Sono bellissimi, papà. Non puoi
negare che ti abbiano dato gioia. Lo vedo in ogni volto, anche se si tratta
solo della soddisfazione per quello che hai realizzato. Non avresti mai
voluto gridare: "Guarda! Guarda e lascia che questa bellezza ti apra il
cuore"? A me è successo che alcune mie opere mi abbiano quasi fatto
esplodere di felicità. A te non è accaduto lo stesso?»
Mi fece l'occhiolino, ma con lo sguardo oscurato dal bisogno.
«Siamo stati fortunati», proseguii. «Abbiamo avuto la possibilità di
guadagnarci da vivere con ciò che amiamo. E vivere la pittura, come
abbiamo fatto noi, significa vivere la passione e l'immaginazione e
l'adorazione. Tutto quello che c'è di meglio nella vita - essere più vivi degli
altri».
«Di chi? Più vivi di chi?»
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