Page 232 - La passione di Artemisia
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«Necessario  che  qualunque  cosa  fosse  più  importante  di  me?  La  tua

          amicizia con un bastardo? Il tuo rivoltante bisogno di lui?» Mi sgorgarono
          dalla bocca le parole che mi ero ripetuta mille volte e che mi ero ripromessa
          di non dirgli mai. Mi sporsi in avanti. «Così necessario che non ti sei potuto

          impedire di invitarlo a Genova?»
              «Ma per quanti anni un uomo deve vivere in penitenza?
               Mi hai trattato come un lebbroso per vent'anni». Si mise a camminare
          su e giù per la stanza.
              «E per vent'anni non hai mai riconosciuto di avermi tradito.

               Non  hai  mai  detto  che  ti  dispiaceva.  Vuoi  il  perdono,  ma  ti  rifiuti  di
          chiedere scusa».
              «Verrà  un  tempo,  prima  o  poi,  in  cui  riconoscerai  che  le  cose  sono

          successe  e  basta  e  non  che  le  ho  fatte  succedere  io».  Pronunciando  la
          parola "io" si portò le mani al petto.
              «Ti  aspetti  troppo  da  me.  Niente  di  meno  di  quanto  ho  fatto  avrebbe
          fermato Agostino, io lo conosco, Artemisia».
               Per un istante ebbi la sensazione che credesse veramente a quello che

          stava dicendo. Ma proseguii, piantandomi le unghie nei palmi. «Mi mandi
          una lettera lacrimevole chiedendomi di venire e di perdonarti. Non capisci
          quanto sei stato egoista? Non riesci proprio, almeno per una volta, a veder

          le  cose  dal  mio  punto  di  vista?  Il  sangue  che  ti  scorre  nelle  vene  non  è
          quello della tua famiglia. Te lo dico io che cosa ti scorre nelle vene, Orazio
          Gentileschi, per la prima e ultima volta».
              Si resse, con le mani tremanti, alla spalliera della sedia.
              «Se i tuoi sentimenti sono tanto amari, non saresti dovuta venire. Credi

          che un vecchio abbia voglia di essere castigato, sentendosi sempre ripetere
          tutti gli errori che ha commesso?
              Sarà Dio a giudicarmi, Artemisia, il giorno in cui morirò. Non tu».

              Mi alzai in piedi. «Ma io posso dire...»
              «No!» gridò e mi fece cenno di andarmene. «Lasciami solo. Vattene».
              Rimasi sconvolta. Non voleva nemmeno guardarmi.
              «Vattene». Fece qualche passo verso di me, come se volesse spingermi
          fuori.

              Io non riuscivo a muovermi.
              «Eh, porca miseria!» Afferrò la giubba e se ne andò.
















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