Page 229 - La passione di Artemisia
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«Il palazzo è così vuoto. Arredi e tappeti, ma poca gente.
Solo la servitù e qualche guardiano. Vivi sempre qui, così... solo?»
Chiuse gli occhi, aggrottò la fronte e sollevò il mento.
«Che c'è? Hai dolori?»
«E' solo il sentire parlare ancora italiano». Si soffiò il naso con un
fazzoletto stropicciato.
«Hai detto che c'è quell'architetto dallo strano nome che parla italiano».
«Inigo Jones. Un uomo vanissimo», disse con rabbia.
«Esperto di tutte le arti. Sa tutto e sta dappertutto. E' intelligente, ha un
buon senso del disegno, ma è pieno di sé. Si vanta della propria posizione di
favorito del re. Come fa un pittore fiammingo, Van Dyck. Un rompiscatole
maleducato e geloso, che si approfitta del sovrano».
Attizzò il fuoco con un movimento brusco e aggiunse dell'altra legna.
«Allora qui c'è gente?»
«Il re e la regina si trasferiscono con la corte due volte all'anno in
questo palazzo, per la stagione della caccia. La regina viene più spesso, per
seguire i progressi della decorazione dei suoi alloggi».
«L'edificio bianco?»
«Sì».
«Come si chiama?»
«Henrietta Maria. Sua madre era Maria de' Medici».
«Ti rivolgi a lei in francese?»
«Cinque anni in quella corte mi avranno pur insegnato qualche cosa».
«E l'inglese? Lo parli?»
«Un po'. Male».
E ora? Che altro dire, ora? Non potevo raccontargli di Graziella. Non
volevo parlare della morte. Non nelle sue condizioni, così emaciato
com'era.
«Ti ho portato delle olive e dei carciofi sott'olio». Cercai i vasi nella
borsa, felice di avere qualcosa che potesse fargli piacere. «Li ho messi da
parte per te dal pranzo di nozze di Palmira». Ruppe il sigillo di cera del
coperchio di un vaso di olive con una spatola e ne mangiò una, poi altre
due.
«Hai del pane?» domandai.
«Sì. Una cosa immangiabile».
Tirai fuori l'olio e il vino. Prese una sedia e osservò ogni mia mossa,
curioso, così mi parve, di vedere che cos'altro contenesse la mia borsa.
Versò il vino e ci accomodammo accanto al fuoco e mangiammo i carciofi
col pane intinto nell'olio. Masticando chiuse gli occhi, come per
concentrarsi sul sapore.
«Vivo qui da troppi anni ormai. E anche in Francia.
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