Page 227 - La passione di Artemisia
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famosa città che dominava i mari? Di fronte a un grande palazzo bruno e
turrito, tetro e impressionante, più simile a una fortezza, sulla riva
meridionale, era alla fonda una sola nave da guerra.
«Greenwich, signora», disse il cambusiere.
Era lì mio padre? E se fossi arrivata troppo tardi?
«E' quella la Casa della Regina?» domandai, nell'unica lingua che
conoscevo. Il cambusiere mi fissò senza comprendere.
Gli mostrai l'esterno della lettera, sulla quale mio padre aveva scritto in
inglese: The Queen's House, Greenwich.
Il vento quasi me la strappò di mano.
Mi indicò col dito, oltre il tetro palazzone turrito, un piccolo edificio
bianco sopra una collinetta, il solo edificio bianco visibile. Mentre il mio
baule veniva scaricato su un molo, iniziò a piovere. Il cambusiere mi portò
la borsa carica di bottiglie d'olio, carciofini, olive e una bottiglia di vino. Lo
seguii lungo la passerella; lui mostrò la lettera a un vetturino in un fiume
di parole di cui non capii nulla.
Dopo una breve corsa in carrozza su una strada dall'acciottolato lucido,
oltre il palazzo di pietra scura e su per la salita, arrivai all'edificio bianco.
Mi affacciai dal finestrino della carrozza e mostrai la lettera a una guardia.
L'uomo annuì e mi indicò l'edificio bianco dietro di sé. «Orazio
Gentileschi? Il pittore italiano?» domandai. La guardia scosse la testa e
fece cenno al cocchiere di ritornare al palazzo scuro accanto al fiume.
A quell'ora, accanto al portone d'ingresso del palazzo stavano
accendendo le torce. Che avrei fatto se non mi avessero lasciato entrare
nemmeno lì? Mi sporsi nuovamente dal finestrino. «Orazio Gentileschi? Il
pittore italiano?»
Questa volta una guardia ripeté il nome a un guardaportone, che si
diresse all'interno del palazzo.
Mio padre viveva e dipingeva in qualche parte di quel palazzo di pietra,
scuro e bagnato di pioggia, ma non poteva vedere attraverso i muri. Avrei
potuto dire al cocchiere di girare la carrozza. Nessuno l'avrebbe saputo.
Avrei potuto tornare a casa, al caldo e tra la gente che conoscevo. A
Genova. A chiedere scusa a Cesare e a Bianca. A portare Renata a
Firenze all'Accademia. A guardare Baccio Bandinelli dritto negli occhi
dicendogli: «Prestatele attenzione.
Istruitela. Seguitela. Farà grandi cose». Avrei potuto dare a lei il
pennello di Michelangelo.
Ma queste cose non si possono fare. Quello che si fa è arrancare,
mettere insieme il pranzo con la cena, un giorno dopo l'altro, cercando di
non pensare all'ultima pennellata.
Quale sarà il colore? Che pennello userò? Quale effetto?
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