Page 231 - La passione di Artemisia
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scappare».
«Devo spiegare in continuazione che io decido il prezzo al modo
romano, prezzo fisso. Credono che io faccia come a Napoli, che chieda
trenta scudi e poi, dopo le trattative, ne accetti quattro». Era una cosa
strana da dire, ma mi sentivo tesa. Non ci fidavamo l'una dell'altro e io non
mi fidavo di me stessa.
«Ho lavorato per un nobile siciliano, don Antonio Ruffo e per il conte di
Monterrey. Ma lui ha voluto solo dei ritratti.
L'invenzione non piace a nessuno. Vogliono solo una femminilità
idealizzata. Non ho più dipinto eroine da quando sono a Napoli. Il tempo
mi ha liberato dalla tortura».
Nel suo sguardo passò un lampo di risentimento al sentirmi
pronunciare quella parola, e per avergliela ricordata subito dopo il mio
arrivo. Io intendevo solo... non so che cosa intendessi. L'avevo detta e basta.
«Sei ancora arrabbiata?» La voce s'era fatta gelida.
«No. Ho smesso di dipingere delle Giuditte piene di violenza. Immagino
che questo significhi che non sono arrabbiata, tranne quando delle persone
meschine ne hanno parlato a Roma di fronde a Palmira, quando era più
piccola.
Ma quella era solo Una rabbia lieve e di breve durata contro di loro e
non contro di te o lui».
«Ho pensato che trovarti un marito comunque ti potesse ripagare.
Considerando la reputazione che avevi...»
«La mia reputazione. Se ti premeva tanto la reputazione, perché non hai
considerato quella dell'uomo che hai pagato perché mi chiedesse in
moglie?»
«Era il fratello di Giovanni».
Strinsi il bracciolo della poltrona «Il fratello di Giovanni aveva una
sfilza di amanti prima e dopo il matrimonio.
Ecco perché non mi sono riconciliata con lui, se vuoi saperlo. Ed ecco
perché voleva sposare una che tenesse gli occhi chiusi. E' dovuto andare
fuori Firenze per trovare una donna che non conoscesse la sua
reputazione». Controllavo la voce, ma a fatica. «Mi ha sposato per la mia
dote, che ha usato per affittare una stanza in cui divertirsi con le sue donne.
Un uomo dal cuore sigillato, incapace di amore vero Oh, si, padre. Hai fatto
proprio una scelta accorta».
«Io. Sempre io sono il colpevole». Si alzò e se ne andò.
«E' proprio quello che temevo», borbottò. «Non avrei dovuto scriverti».
«Devo ancora dirti che, se non mi avessi messa in piazza a Roma, avrei
potuto essere scelta da un uomo che mi amava?»
«E' stato necessario».
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