Page 217 - La passione di Artemisia
P. 217

25. Palmira







              La mattina in cui Palmira si sposò, le appuntai una gardenia sui capelli e
          poi feci qualche passo indietro per osservarla.
               Delia  aveva  confezionato  una  sopravveste  color  lavanda  pallido,  della
          seta più lieve che avessi mai visto e che fluttuava attorno al suo abito da
          ballo  azzurro  e  le  faceva  da  strascico,  leggera  come  la  spuma  del  mare.

          Delia aveva sostituito i fiocchi bianchi con dei fiocchi color lavanda e sul
          davanti aveva raccolto e puntato la sopravveste, per lasciare intravedere la
          seta azzurra, sottostante, come quella del corpetto.

              «Che colori deliziosi! Sembri l'Alba che si affaccia nel cielo».
              «Credi che lo penserà anche Andrea?»
              «Tutti lo penseranno. Vorrei che ora Pietro potesse vederti.
               Rimarrebbe a bocca aperta e sarebbe molto felice. E anche mio padre.
          Ne sarebbe così fiero».

              «Non commuoverti, mamma. Ricorda che devi dirgli che io penso che
          sia stato un egoista».
              «Le persone non sono tutte buone o tutte cattive, Palmira.

               Sarebbe  felice  di  essere  qui.  Oggi  dobbiamo  avere  solo  pensieri  felici,
          così tu ricorderai il tuo giorno più bello senza alcuna macchia».
               Sedetti  sull'orlo  del  letto  e  sollevai  il  coperchio  del  cofanetto  di  mia
          madre,  dove  conservavo  i  miei  ricordi  più  importanti  -  il  suo  pettine
          fermacapelli con la pietra rossa, le lettere di Galileo, dei preziosi bigliettini

          di  Palmira di quando stava imparando a scrivere.  Sotto  l'ultimo  di  questi
          c'era ancora il sacchettino legato con un nastro. Lo annusai. Origano. Lieve
          ma inconfondibile. Non erano stati più indossati da quando Umiliana aveva

          posato  per  la  Maddalena  penitente.  Era  stata  una  buona  cosa,  perché
          Umiliana  era  gentile.  E  l'amore  di  Graziella  per  suo  marito  aveva
          sicuramente cancellato ogni traccia di sofferenza dalle perle imperfette che
          le erano state donate come falso pegno d'amore.
              «Vieni qui, cara».

               Si  sedette  sul  letto,  allargando  la  gonna  a  corolla.  «Che  cosa  c'è,
          mammina?»
               Risi.  «Non  mi  chiami  mammina  da  anni».  Mi  guardò  con  gli  occhi

          splendenti, sorridendo alle grandi speranze che le stavano dinanzi. «Apri la
          mano».
              Mi porse le palme.
               Vi  feci  cadere  il  sacchetto.  Lo  tastò  con  le  dita.  Al  riconoscere  quel
          sacchetto spalancò gli occhi. «Mammina!



                                                           217
   212   213   214   215   216   217   218   219   220   221   222