Page 213 - La passione di Artemisia
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«Lo  dice  il  tuo  silenzio.  L'ha  appena  detto.  Quando  ti  ho  detto  quello

          che mi hanno fatto in un'aula di tribunale, che tuo nonno ha permesso che
          mi  facessero.  Non  è  che  voglia  riaprire  delle  vecchie  ferite.  E'  una  storia
          vecchia per me.

               Sono stanca di pensarci. Ma tu, tu l'hai appena saputo e tuttavia non hai
          detto nulla».
              «Che dovrei dire?»
              «Di' quello che provi».
               Per un momento rimanemmo a fissarci, mute. Tentai di deglutire, ma la

          gola pareva piena di sabbia.
              «Lo vedi? Tu non manifesti le tue emozioni, né con le parole né con la
          pittura.  Ma  le  emozioni  di  un  artista  sono  il  cuore  incandescente  della

          pittura.  Vuoi  rimanere  per  sempre  limitata  come  Agostino?  Non  sa
          dipingere  le  persone  perché  non  ha  cuore.  Ecco  perché  non  passerà  ai
          posteri. Che hai dentro? Un cuore o solo i vestiti e i sogni?
               E che cos'è un cuore, se non il prodotto dell'immaginazione a favore di
          un altro? Pensaci. Quale rovente passione spingerà Betsabea a tradire suo

          marito? Sentilo col tuo corpo». Le toccai il ventre. «Qui. Che passione ti fa
          bruciare  per  Andrea?  Devi  usare  le  tue  emozioni  e  dipingere  con  il  tuo
          sangue,  se  necessario,  per  scoprire  e  comprovare  la  verità  della  tua

          visione».
              «Ma questa è una follia. Nessuno farebbe una cosa del genere».
              «Renata lo farebbe!» sbottai. «Avrebbe fatto qualunque cosa per saper
          dipingere bene».
              «Renata  era  una  puttanella  che  piagnucolava  "prendetemi  con  voi",

          come una bambina, quando siamo venute via».
              «Ecco quello che intendo. La disperazione. Devi volerlo al punto che il
          solo pensiero che ti sia sottratto ti renda davvero un po' pazza. Avrei dovuto

          portarla  con  noi.  Non  avrebbe  mai  rinunciato,  mettendosi  a  piagnucolare
          che era troppo difficile. Certo che è difficile. Se non lo fosse, ogni lavandaia
          si metterebbe a dipingere. Ma non dipingerebbe con le mani che gocciolano
          sangue sulla tela. Come ho fatto io!»
              «Quando? Non lo hai mai fatto!»

               Gettai via il mio pennello e le misi sotto il naso le dita aperte. «Guarda
          bene,  Palmira.  Guarda  -  guarda  -  bene»,  dissi  lentamente  e  separando  le
          parole. «Adesso è più spiacevole guardare questo che la mia nudità, vero?

          Che cosa vedi?»
              «Dei segni».
              «Sì, bene. Usa la tua immaginazione e prova a dirmi da che cosa sono
          stati causati».
              «Mi hai sempre detto che erano segni dell'età». Le tremava la voce.



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