Page 216 - La passione di Artemisia
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«La sola cosa che voglio è che tu voglia qualcosa così profondamente da
sentirne dolore, come io soffro per riuscire a dipingere bene». Bevvi un
sorso di vino e le sorrisi.
«Prenderò informazioni».
«Ah, sì?»
«In genere le trattative non vengono iniziate dalla famiglia della sposa,
ma Francesco ci aiuterà. Il padre di Andrea è uno dei cortigiani della
contessa. Francesco dice che lei mi deve un favore. Lui saprà cosa dirle per
farle credere che l'idea nasca da lei».
Palmira mi si gettò ai piedi e mi abbracciò le ginocchia.
«Quella è solo una parte. C'è la questione della dote».
Mi lasciò andare e si appoggiò sui calcagni.
«Dovrò lavorare un bel po' prima di avere il denaro che la famiglia di
Andrea si aspetta», dissi. «Anche tu dovrai lavorare. Forse ti sarà più facile,
se lavori per uno scopo che per te è tanto importante. Non sei troppo
giovane per non trovare acquirenti per la tua Betsabea, così domani ci
alzeremo presto tutte e due».
Bevemmo allo stesso bicchiere e andammo a dormire con quest'idea.
Notai sul tavolo la lettera di mio padre. La rilessi. Avrei potuto andare da
sola in Inghilterra, dopo il matrimonio, se ci fosse stato. Avrebbe potuto
essere la mia sola opportunità di... di fare che? Non lo sapevo.
Le passai la lettera. «Che cosa pensi che dovrei fare in proposito?»
«Penso che tu debba andare».
«E distruggere tutta la mia vita qui per lui?»
«No. Non per lui. Per te. Per dirgli che è stato un egoista.
Si è mai assunto la responsabilità per quello che hanno fatto alle tue
mani? O per averti umiliata? Ti ha mai detto che gli dispiaceva?»
Sorpresa, respirai lentamente e profondamente, guardando la parola
Papà. «No», dissi in un soffio.
«Dovresti andare».
«Servirà solo a rendere la tua dote ancora più smilza. E anche il tuo
corredo».
«Lo so».
«Il che significa meno biancheria, meno vestiti, meno camicie. Un
matrimonio più semplice».
«Dovresti andare».
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